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Brexit. Furlan: “Welfare, lavoro, contrattazione efisco: ora l’Europa ha una sola voce”

Pubblicato il 28 Giu, 2016

Roma, 28 giugno 2016. “Con la Brexit è emerso come sia stata costruita l’Europa della moneta e della finanza e non gli Stati Uniti d’Europa, l’Europa della gente, dei cittadini, del lavoro e del sociale. Non l’Europa economica che invece serve”. La Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, in un’intervista al quotidiano “La Stampa” sottolinea come ora ci sia bisogno “di un’accelerazione per recuperare lo spirito dei primi trattati, con poche ma efficaci misure che spero i paesi fondatori decideranno di prendere”.  Ed aggiunge come sia oramai necessario avere “accanto alla moneta unica un ministero dell’Economia europeo, dotato degli strumenti per svolgere una politica europea, una mutualizzazione del debito e la creazione di obbligazioni per garantire risorse per l’economia reale, in modo solidaristico. Il primo passo è quello di modificare il fiscal compact. Il debito pubblico europeo va gestito in termini solidaristici, ma non pensiamo affatto alla remissione del debito, anzi. Noi da tempo proponiamo che una parte del debito pubblico dei singoli paesi sia mutualizzato, attraverso l’emissione di eurobond sottoscritti dai cittadini e dagli investitori istituzionali. In questo modo, tra l’altro, si abbatterebbe enormemente il costo del rifinanziamento dei debiti sovrani. Ogni Stato, però, deve consegnare garanzie, come le riserve auree delle banche centrali o i pacchetti azionari dei diversi asset pubblici. Poi, possono essere emessi dei project bond, cioè obbligazioni che generino risorse sempre per sostenere l’economia reale. Oggi la mancanza di questi strumenti viene in qualche modo mitigata dal quantitative easing della Bce, che ha dovuto quasi sostituire la politica, incapace di compiere scelte importanti”. Queste misure Furlan se le aspetta dal vertice dei paesi fondatori dell’Europa con l’Italia che dovrebbe dare un segnale forte. “Io spero che il nostro governo sia determinato su questi obiettivi e determinante per realizzarle, e spero che anche gli altri paesi europei siano pronti a cogliere questa sfida. Bisogna iniziare a costruire l’Europa politica: con chi ci sta, con chi accetta la sfida e porta avanti queste idee, a partire dai paesi fondatori”. Nonostante la moneta e la finanza abbiano regole uniche, il grande limite dell’Europa sui temi sociali è che va in ordine sparso. “Soltanto se conquisteremo un’Europa economica comune riusciremo a unificare anche i sistemi di welfare, la legislazione sul lavoro, la contrattazione, i sistemi fiscali. Non ha senso che l’Italia abbia il sistema pensionistico più rigido d’Europa o le tasse locali più elevate. La nostra è un’Europa che stenta a crescere, che ha perso milioni di posti di lavoro aumentando le diseguaglianze sociali, che non è competitiva sui mercati mondiali, e che non è in grado di essere forza di pace e stabilità nel mondo. Come dice Papa Francesco, è un’Europa molto egoista, chiusa in sé stessa, che non esprime solidarietà: basti guardare quanti problemi e allarmi per accogliere poche centinaia di migliaia di profughi. La verità è che l’Europa dell’austerity, che non investe e non innova, ha generato nei cittadini sfiducia e distacco. È un modello da cambiare”. Furlan teme che altri possano seguire l’esempio britannico. “O peggio: un’Europa che non parla né ai cuori né ai cervelli delle persone può anche morire da sola. Serve un grande scatto, un cambiamento è obbligato. Se non vogliamo tornare all’Europa dei nazionalismi occorre ora grande coraggio e senso di responsabilità”.

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