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Emergenza Coronavirus. Temi prioritari di confronto sul territorio tra parti sociali e soggetti istituzionali per soluzioni condivise – I comitati previsti dal Protocollo condiviso del 14 marzo, integrato

4 Maggio 2020 – Come noto il 24 aprile è stata siglata l’intesa tra le Parti sociali, sottoscritta anche dal Governo, relativa alle integrazioni apportate al testo del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo.
A tale riguardo, è opportuno precisare che quanto siglato il 24 aprile non rappresenta un ‘nuovo’ protocollo, ma l’accordo che ha determinato delle integrazioni al testo del 14 marzo; una precisazione che, pur non mutando di certo il senso e il valore di quanto di innovativo è stato previsto, fa chiarezza in merito al non dover stipulare un nuovo Protocollo di sicurezza anti-contagio nelle realtà lavorative ‘non sospese’, ma richiede esclusivamente un necessario intervento di integrazione al testo (già elaborato e in applicazione, da parte del Comitato), declinando le nuove regole introdotte sulla base delle specificità ed esigenze della realtà lavorativa. Per le aziende, invece, in riavvio delle attività lavorativa dovrà essere costituito il Comitato e stipulato il Protocollo di sicurezza anti-contagio, seguendo le regole previste nel testo del Protocollo condiviso del 14 marzo, integrato con quanto stabilito congiuntamente il 24 aprile scorso.

Ponendo, invece, l’attenzione sulle importanti novità introdotte, intendiamo porre l’accento su quanto indicato nel paragrafo n.13 “Aggiornamento del protocollo di regolamentazione”, al terzo capoverso.
Differenziandosi dai due capoversi precedenti, nei quali, anche grazie alle integrazioni intervenute, si prevede il vincolo, a livello aziendale o territoriale, della costituzione di un Comitato, viene prevista la possibilità della costituzione, a livello territoriale o settoriale, di comitati finalizzati ai temi del Protocollo condiviso, potendo coinvolgere anche le autorità sanitarie locali e altri soggetti istituzionali (impegnati nelle iniziative per il contrasto alla diffusione del Covid-19).

Ponendo ad evidenza che la costituzione di tali comitati non viene, correttamente, prevista come alternativa alla costituzione di uno dei due Comitati, indicati nei capoversi precedenti (necessari, ma da istituire tenendo conto della tipologia di impresa e del sistema delle relazioni sindacali), è rilevante comprendere le opportunità che dalla “possibile” costituzione di tali comitati possono discendere.

Considerato che tra i soggetti che possono comporre il comitato vi è l’ ASL e tenuto conto delle finalità riferite esclusivamente alla realizzazione di quanto indicato nel Protocollo condiviso, a partire dalle misure da porre in essere per conciliare il contrasto al contagio con la ri-presa delle attività lavorative, il comitato previsto al paragrafo n.13 (terzo capoverso), pare richiamare (compresa anche la natura dei componenti) i comitati di coordinamento regionali, (come disposti ai sensi dell’art.7 del DLGS 81/08 s.m.), potendo così ovviare alla costituzione di ulteriori consessi, finalizzando ai temi in oggetto il lavoro di quanti già operativi; non ostacolando, di contro, la costituzione di eventuali nuovi comitati, creati ad hoc, specie se settoriali.

Prevista l’iniziativa della costituzione in capo alle Parti sociali (elemento minimo di differenza con i Comitati ex art.7), riconducibile anche ad una mera richiesta di convocazione urgente del tavolo istituzionale (se perseguita la strada di utilizzare tale organismo), come pure, invece, attraverso la creazione di uno specifico comitato settoriale, riteniamo vi siano attualmente molti temi che dovrebbero essere portati in discussione in un tale contesto (non essendo esclusivi delle singole realtà lavorative, ma avendo rilevanza comune ai diversi ambiti operativi sul territorio).

Indicando alcuni tra i temi più urgenti, sui quali un confronto con le ASL e l’INL territoriale sarebbe opportuno, tenuto conto del ruolo ri-attivato di organi di vigilanza (ai sensi della nota del Ministero degli Interni del 14 aprile u.s. e del DPCM 26 aprile u.s.), e il valore di regole vincolanti riconosciuto al contenuto del Protocollo condiviso, segnaliamo:

  •  Tamponi
    Posto che tra le integrazioni previste al testo del Protocollo condiviso del 14 marzo, è stato messo in chiaro che i lavoratori risultati positivi all’infezione del Covid-19 potranno rientrare al lavoro solo se in possesso di certificazione medica dalla quale risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone, si pone oggi un problema nelle regioni nelle quali i contagiati da Covid-19, non ospedalizzati, terminato il periodo di infezione e ritenuti guariti, non vengono sottoposti a tampone (escluso il personale sanitario).
    Tale problema di estrema urgenza e rilevanza deve trovare soluzione operativa concreta, a livello regionale, mediante confronto e pronunciamento certo da parte delle istituzioni competenti.
  • Micro-imprese
    Posto che è obbligo per tutte le realtà lavorative costituire un Comitato e redigere un Protocollo di sicurezza anti-contagio, nei contesti lavorativi dove c’è la rappresentanza sindacale (RLS/RSA/RSU) la garanzia di concretizzazione di tali interventi e la realizzazione delle misure di tutela conseguenti è certa (anche dovendo ricorrere alle forme diverse dell’azione sindacale). Una medesima garanzia la si può avere (almeno mediante il presidio delle situazioni) attraverso l’azione posta in campo dalla pariteticità, mediante la costituzione del Comitato composto dagli organismi paritetici, nel quale è prevista la partecipazione degli RLST e dei rappresentanti delle parti sociali.
    Il problema si pone, invece, per tutte quelle realtà lavorative di micro e piccola dimensione che, fuori da un sistema di pariteticità, e prive di presenza interna sindacale, potrebbero non offrire garanzie di tutela adeguate ai lavoratori, non potendo, di certo, contare su di un controllo capillare da parte delle preposte forze in campo.
    Tale problema (già prioritario prima che si verificasse la pandemia), diviene oggi – considerata la pericolosità ancora alta di un possibile contagio – di assoluta urgenza, dovendo trovare soluzioni operative concrete, a livello regionale, mediante confronto tra le Parti sociali e le istituzioni competenti.
  •  Mascherine
    Posto che è stata data la possibilità alle aziende di importare/acquistare dispositivi di protezione individuale (a partire dalle mascherine chirurgiche) anche da produttori che hanno potuto/possono immettere sul mercato italiano dispositivi senza la certificazione richiesta (ai sensi della deroga prevista dal “Cura Italia”, confermata nella conversione in legge), non risultando facile per le aziende utilizzatrici ricevere la prova dell’avvenuta validazione di tali dispositivi da parte dell’INAIL/ISS, è opportuno che si possa conoscere, a livello regionale, tramite le istituzioni competenti sul territorio, l’elenco dei produttori/importatori/venditori ai quali non è stata rilasciata la validazione per i DPI perché non rispondenti ai requisiti minimi richiesti.
  • Test sierologici
    Posto che dall’ISS non è venuta alcuna indicazione stringente sui test sierologici da utilizzare, considerato che nel Protocollo condiviso del 14 marzo (integrato) è previsto che il medico competente possa suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici, così come possa essere presa autonomamente da parte del Comitato (aziendale o territoriale) la decisione di adottare tali mezzi di indagine (a seguito della quale si ritiene opportuno la stipula di un accordo aziendale che metta in chiaro tutte le questioni conseguenti sul piano lavorativo), al fine di non creare discriminazioni e differenze di trattamento dei lavoratori su medesimi territori, pur nel rispetto delle decisioni che possono essere maturate in ogni contesto lavorativo, sarebbe auspicabile giungere ad un pronunciamento a livello regionale, in modo congiunto tra Parti sociali e Istituzioni competenti, al fine di suggerire indicazioni chiare, facendo luce sugli aspetti positivi e negativi, ad esclusiva base scientifica.
  • Formazione
    Posto che nel Protocollo condiviso del 14 marzo (integrato) è previsto che i lavoratori possano, anche a fronte del mancato aggiornamento della formazione professionale/abilitante, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, continuare lo svolgimento del loro specifico ruolo/funzione, è quanto mai opportuno condividere con le istituzioni competenti (in qualità di organi di prevenzione, ma soprattutto di vigilanza) quali informazioni/addestramento dovranno comunque essere garantiti affinché si possano ritenere sufficienti (considerate le ragioni di causa maggiore che determinano tale deroga), al fine di non esporre gli occupati ai rischi specifici. Attenzione che dovrà essere ancor più alta riferendosi a somministrati di manodopera che non conoscono la realtà lavorativa nella quale vanno ad operare.

Risultando evidente che i punti su richiamati rappresentano alcune delle questioni più rilevanti ed urgenti, ma non di certo le uniche, la Cisl caldeggia la costituzione/attività dei comitati previsti al punto n.13, terzo capoverso, del Protocollo condiviso, integrato.

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