La Relazione della Corte dei Conti sui Fondi per il sostegno all’abitazione. Per la Cisl i temi della casa e dell’abitare devono tornare ad essere centrali nel dibattito politico

Pubblicato il 10 Set, 2020

10 Settembre 2020 – Una interessantissima indagine recentemente svolta dalla Corte dei Conti esamina la gestione delle risorse dei fondi previsti per dare sostegno a chi, trovandosi in evidente difficoltà economica, non riesce a far fronte alle spese dell’affitto della propria abitazione.

Si tratta del Fondo per il sostegno all’abitazione e del Fondoinquilinimorosi incolpevoli, due misure previste per dare sostegno al reddito delle categorie sociali più deboli, gestite a livello nazionale dal ministero delle Infrastrutture e trasporti.

In premessa all’indagine, emerge che “a livello nazionale i bisogni abitativi, oggetto delle politiche abitative, non risultano dotati di un’espressa tutela costituzionale al pari di altri diritti come quello alla salute (art. 32) o il diritto al lavoro (art.35, sebbene la giurisprudenza costituzionale ne abbia riconosciuto la valenza di diritto sociale attinente alla dignità e alla vita di ogni persona (cfr. ex plurimis sentenze n. 106/2018, n. 28/2003 e n. 520/2000)”.

Così, pur essendo “condizionato” finanziariamente, non ha ottenuto, come accaduto invece per il diritto alla salute,“una parametrazione in termini di livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale” mentre, “a livello europeo il diritto all’abitazione ha una connotazione decisamente più forte, rientrando a pieno titolo nella sfera dei diritti fondamentali, strumentali al perseguimento di un livello di vita dignitoso, oltre che alla lotta alle diseguaglianze, alle discriminazioni ed alle esclusioni”.

Inoltre, l’indagine mette in evidenza, anche tenendo conto delle ultime novità introdotte dai decreti emanati per fronteggiare l’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Covid-19, la necessità di mettere in piedi uno scambio di dati ed informazioni adeguato fra i diversi livelli di governo coinvolti nella programmazione ed attuazione delle politiche abitative, privilegiando una metodologia che prediliga la concertazione tra le parti coinvolte.

Viene anche messo in luce come sia urgente e necessario dare vita ad un sistema di monitoraggio che sia in grado di verificare che gli strumenti impiegati soddisfino i fabbisogni espressi dal territorio, mettendo a punto dei criteri di erogazione che siano quanto più possibile omogenei sull’intero territorio nazionale.

Nell’indagine si evidenziano anche ulteriori criticità emerse, come la mancata osservanza delle tempistiche dettate dalla disciplina in vigore per lo svolgimento delle attività propedeutiche all’adozione dei decreti annuali di riparto alle regioni delle risorse stanziate con legge di bilancio e le difficoltà nell’utilizzo delle risorse di entrambi i Fondi, che hanno indotto il legislatore ad intervenire per consentire il riutilizzo di quelle non spese, nonché il mancato aggiornamento della delibera Cipe n. 87 del 13 novembre 2003, che elenca i comuni ad alta tensione abitativa, con conseguenti ricadute negative sul sistema di ripartizione delle risorse di entrambi i Fondi.

La Cisl, alla luce di questa interessante e condivisibile indagine, tiene a ribadire che i temi della casa e dell’abitare devono tornare ad essere presenti e centrali nel dibattito politico. Le politiche abitative hanno oggi una forte necessità di essere trattate con una visione d’insieme del problema. Bisogna non lavorare esclusivamente nei singoli comparti ma portare avanti azioni complessive che riuniscano tutti i vari aspetti per rendere veramente efficace la costruzione di una offerta abitativa.

Le implicazioni connesse alle scelte in questo settore hanno a che fare con l’impatto ambientale delle città, con scelte in materia di distribuzione della popolazione sul territorio, oggi ritornate di attualità con lo sviluppo del lavoro a distanza che potrebbe favorire la ripresa di insediamenti abitativi decentrati, con la riqualificazione anche sociale delle periferie urbane, con il rilancio “dell’industria edile”, da sempre fondamentale per l’economia del Paese. E infine, in un concetto di welfare territoriale, un posto importante deve avere anche la considerazione dei problemi legati ai costi dell’abitare. Non vi sono dubbi che sia presente una forte connessione tra le politiche abitative e quelle sociali e di welfare.

Una possibile sinergia di intervento rappresenta quindi la possibilità di incidere maggiormente nella riduzione del disagio sociale e al tempo stesso può rappresentare un veicolo di crescita economica sostenibile e di sviluppo occupazionale.

Sul tema del sostegno all’abitare si aprono però scenari di analisi tra due possibili canali di intervento.

Un primo legato alla costruzione e all’ampliamento dell’offerta abitativa in affitto pubblico con una maggiore disponibilità di alloggi di edilizia residenziale pubblica/housing sociale a canone commisurato al reddito.

Un secondo, meno diretto, che prevede di intervenire nel sostegno al reddito delle persone in modo tale che possano accedere all’offerta dell’affitto nel mercato privato senza cadere nella morosità. Un fenomeno, quest’ultimo, sempre più incipiente, a testimoniare la forte contraddizione tra le capacità economiche delle famiglie, oggi aggravate dagli effetti della crisi, e i costi di un’offerta abitativa sostanzialmente fornita solo dal mercato privato che, in assenza di forme di sostegno, non riesce a fornire risposte adeguate ai bisogni presenti nei territori.

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