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“La contrattazione collettiva tutela i salari” – Il Riformista

Pubblicato il 9 Giu, 2023

In Italia è presente una bruciante questione salariale riconducibile a una serie di fattori sedimentati e convergenti: bassa crescita e innovazione, investimenti al palo, pressione fiscale eccessiva sui lavoratori, scarso incremento di produttività, frammentazione e polverizzazione del sistema produttivo, livelli ancora insufficienti di partecipazione. A tutto ciò si aggiunge da tempo anche la scure di una inflazione pesantissima. Un quadro del genere richiede un ventaglio di azioni che includono anche la definizione di un salario minimo, ma rigorosamente di natura contrattuale. La via è quella dell’estensione, settore per settore, del trattamento economico complessivo dei contratti nazionali maggiormente diffusi e applicati. Non serve una legge sulla rappresentanza: si prendano i dati già in possesso dell’Inps, si indichino i contratti leader e si disponga l’erga omnes. L’alternativa di un quantum orario indifferenziato stabilito direttamente dalla legge determinerebbe uno schiacciamento verso il basso dei salari medi, l’uscita dalle tutele dei CCNL di migliaia di imprese, l’arbitrio di fatto della politica su dinamiche che devono restare flessibili e adattive e ancorate all’autonomia negoziale e contrattuale delle parti sociali. Nessuna invadenza legislativa.

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