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Moda. Sindacati: “No a passi indietro sulla legalità. Chiediamo incontro al Ministro Urso”

Pubblicato il 16 Ott, 2025

Le organizzazioni sindacali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil esprimono forte preoccupazione per le notizie in merito alla approvazione di un emendamento che di fatto eliminerebbe la responsabilità organizzativa e gestionale delle imprese committenti nei confronti delle irregolarità eventualmente commesse dalle aziende della filiera compresi i casi di sfruttamento, lavoro nero, non rispetto delle norme sulla salute e sicurezza.
“Siamo di fronte a un arretramento grave e incomprensibile rispetto a un percorso di legalità e trasparenza che, come parti sociali, abbiamo costruito e sostenuto nel tempo
anche insieme alle istituzioni.
Solo pochi giorni fa abbiamo appreso di un tavolo tra il Ministero del Made in Italy e le associazioni datoriali, da cui i sindacati sono stati esclusi: se la direzione intrapresa è questa, comprendiamo ora il perché. Ma vogliamo ribadire con chiarezza che non si può pensare di combattere il lavoro nero e lo sfruttamento tagliando fuori chi rappresenta i lavoratori e indebolendo i presidi di legalità.
La responsabilità dei committenti per omessi o insufficienti controlli rappresenta uno strumento essenziale per garantire il rispetto dei contratti, delle leggi e della dignità del lavoro lungo tutta la filiera, e costituisce un pilastro anche della normativa europea e delle direttive sulla responsabilità sociale d’impresa.
Riteniamo pertanto indispensabile un incontro urgente con il Ministero del Made in Italy, per avere spiegazioni su questa scelta e chiarire le motivazioni di una modifica che va in direzione opposta alla lotta all’illegalità nelle filiere produttive.
Il rilancio del Made in Italy non può avvenire indebolendo i controlli o riducendo le tutele, ma deve essere portato avanti con fermezza attraverso politiche industriali serie e condivise che valorizzino le imprese sane e il lavoro regolare.
Non si può separare il concetto di Made in Italy da quello di giustizia sociale: la qualità di un prodotto si misura anche nel rispetto del lavoro che lo crea”.