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Moda. Tavolo al Mimit. Sindacati: “Legalità e investimenti per il settore. Un marchio made in Italy? Solo per chi produce in Italia”

“Questo è uno dei tanti incontri a cui abbiamo partecipato negli ultimi anni e cominciamo ad avere qualche perplessità sulla loro efficacia. Mentre ragioniamo, insieme alle controparti, su come consolidare e sostenere in Italia la complessa filiera della Moda, assistiamo a ripetuti e diffusi fenomeni di illegalità, legata ad appalti e subappalti, da parte di grandi marchi. Loro Piana è solo l’ultimo caso ed è sconcertante che gli attori istituzionali non siano in grado di costruire un sistema obbligatorio di certificazione della legalità su scala nazionale della filiera, che garantisca lavoro e salari dignitosi, l’applicazione dei CCNL sottoscritti dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente maggiormente rappresentative, condizioni di salute e sicurezza e il contrasto al dumping, a garanzia di tutta la manifattura”. Così le Segreterie Nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil nel corso del loro intervento al Tavolo della Moda, che si è tenuto oggi a Roma, presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

“La guerra commerciale è già in atto – proseguono -. Gli ordini vengono disdetti dalla sera alla mattina e c’è grande incertezza sui dazi. La crisi appare più strutturale che contingente. Per contrastarla occorrono investimenti stabili che salvaguardino la competitività delle produzioni e politiche industriali di medio e lungo periodo. Nella fase di trasformazione necessaria servono contestualmente il rafforzamento degli ammortizzatori sociali e processi di formazione e aggiornamento delle competenze professionali”.

Durante l’incontro sono stati annunciati provvedimenti a sostegno del settore tra cui 250 milioni di euro come versione aggiornata del credito di imposta per il sostegno del design e della realizzazione dei nuovi campionari per il rilancio del comparto della Moda, l’estensione e la facilitazione per l’accesso alla cassa integrazione per il settore ed infine l’etichettatura digitale del marchio Made in Italy, certificata da Istituto poligrafico zecca dello Stato.

“Ma cosa realmente intendiamo per ‘Fatto in Italia’? – chiedono i Sindacati –. A oggi, a determinare le caratteristiche finali dei prodotti ‘Made-in’, può essere anche solo la loro ultima fase di trasformazione e lavorazione svolta sul territorio nazionale. Per salvaguardare la filiera, dovremmo rivedere questi criteri”.

“Come organizzazioni sindacali – concludono – dovremmo essere maggiormente coinvolti nella costruzione di nuove proposte. Riteniamo necessario indirizzare gli investimenti anche su revamping degli impianti, Salute e Sicurezza e attrattività del settore per i giovani. Auspichiamo che le misure a sostegno della Moda siano strutturali e per tutte le dimensioni di impresa. Il settore non può vivere nell’incertezza della copertura economica delle misure a suo sostegno”.

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