Già alla vigilia della Giornata internazionale dedicata al tema la leader della Cisl commentando i dati diffusi dall’Inail aveva tenuto a ribadire come la sicurezza e la tutela della salute nei luoghi di lavoro sia “la condizione essenziale in una società civile e sviluppata”.
“L’aumento degli incidenti mortali sul lavoro non è dovuto ad una fatalità – ha ribadito Furlan – ricordando che “nel nostro paese ogni giorno in media tre persone muoiono sul lavoro. Il 10% sono stranieri, soprattutto edili, operai dei porti, della logistica, della chimica, delle aziende agroalimentari, giovani ed anziani. Bisogna investire in nuovi macchinari più sicuri, lavorare di più sulla prevenzione, aumentare i controlli e rendere i luoghi di lavoro sempre meno vulnerabili agli incidenti. Ed anche il sindacato deve fare di più” ha sottolineato. “Denunciare gli appalti al ribasso, l’eccesso di esternalizzazioni, pretendere il rispetto integrale di tutte le norme sulla sicurezza. E’ un problema culturale, di rispetto per la dignità del lavoro che va difeso in questa società sempre più globalizzata ed individualista, come spesso ci ricorda Papa Francesco”.
Dalla sua il Segretario confederale della Cisl, Angelo Colombini, ha dichiarato in una nota: “Ha ragione l’Anmil: dobbiamo fare tutti di più sulla salute e sicurezza sul lavoro perchè i dati che ha fornito l’Inail ieri non sono confortanti. Dagli ultimi dati pubblicati nel Rapporto INAIL del primo trimestre 2018 (gen.-mar.), infatti, – ha spiegato- emerge che, se le denunce con esito mortale sono aumentate dell’11,58%, l’aumento è dovuto ad una crescita delle denunce di infortunio in itinere, registrandosi di contro, positivamente, una diminuzione delle denunce di infortunio con esito mortale in occasione di lavoro, in confronto all’anno precedente. La drammatica sequenza, però, degli accadimenti di questi ultimi giorni, dall’inizio del mese di aprile ad oggi, sembra dare un segnale in controtendenza a quanto registrato nel Rapporto trimestrale. Questa situazione è l’esempio evidente di come non si può approcciare al complesso tema della prevenzione solo pensando di agire sull’onda delle urgenze rappresentate dai momenti di maggior concentrazione di eventi drammatici, potendo permettersi di porre in secondo piano il tema delle tutele e della salute e sicurezza sul lavoro ogni volta che i dati sembrano meno drammatici del periodo precedente. La prevenzione efficace è un’azione di sistema che richiede interventi programmatici, svolti in sinergia e perseguiti in modo sistematico e continuativo. Il denunciare da anni la mancanza di una Strategia nazionale di prevenzione vuole dire questo. Vuol dire non avere come Paese una progettazione a medio-lungo termine e, pertanto, una visione chiara di insieme su quali devono essere le priorità da realizzare, i controlli e le verifiche da svolgere, gli interventi mirati da pianificare, prevedendo modalità di collaborazione permanente tra i principali attori, istituzionali e delle parti sociali, impegnati nella prevenzione, a livello nazionale, ma anche sul livello regionale, dove le responsabilità non sono meno rilevanti, tenuto conto del ruolo che la legislazione concorrente oggi ancora gli attribuisce, sia in tema di prevenzione, di salute,che di formazione. Il tempo delle sole analisi statistiche e degli osservatori è giunto al capolinea, occorre agire, operando con interventi concreti ed efficaci, pensando ai posti di lavoro che ogni giorno sono chiamati a confrontarsi con il rischio. Perché, se si perde, non sono le regole che vanno cambiate, ma occorre operare su chi non vuole applicarle nel modo giusto”.