“Dopo quattro mesi, nessun gesto di umanità da parte di un grande brand nei confronti di una lavoratrice in grave difficoltà”
“Sono passati più di quattro mesi, eppure abbiamo una ferita ancora aperta: non ci sono ancora prospettive e tutele per la donna ucraina, malata e con un figlio piccolo, che è stata licenziata dal punto vendita Hugo Boss di Castel romano per il superamento dei giorni di comporto, ovvero del periodo di conservazione del posto di lavoro che, da contratto nazionale, spetta ai lavoratori in caso di malattia”.
E ’quanto si legge in una nota del segretario territoriale della Fisascat-Cisl di Roma Capitale e Rieti, Giulia Falcucci, in cui si aggiunge che “come organizzazione sindacale, abbiamo sollecitato la Consigliera di parità, che ha convocato immediatamente l’azienda nella speranza che tornasse sui suoi passi, e abbiamo avanzato una richiesta di conciliazione all’Ispettorato del Lavoro tramite i nostri legali: nonostante tutto, non abbiamo raggiunto i risultati sperati. Vogliamo ricordare che ‘eleganza’ per noi non è soltanto qualcosa che riguarda l’aspetto esteriore, ma è anche e soprattutto una disposizione dell’animo: quella di andare incontro alle persone più fragili attraverso l’inclusione sociale”.
“Dopo nove anni di attività presso il punto vendita – prosegue la sindacalista -, questa lavoratrice, in un momento di massima fragilità, ovvero di malattia, è stata raggiunta da un’anonima raccomandata contenente il suo licenziamento. E’ davvero disarmante trovarci di fronte al fatto che un brand grande e solido non dimostri alcuna umanità verso una persona che sta crescendo un figlio piccolo, che ha un’importante patologia e che, inoltre, sta subendo le preoccupazioni dovute alla guerra che si svolge nel Paese in cui è nata. Tutto ciò lascia senza parole, ma noi vogliamo ribadire che non ci arrendiamo di fronte a una vicenda che ci ha lasciato esterrefatti: continueremo finché la nostra voce verrà ascoltata”.
“Il recepimento, all’interno dei contratti nazionali, del periodo di comporto – conclude – è un passo in avanti, ma si devono assolutamente trovare le condizioni per tutelare quei lavoratori che, oltre al dramma della malattia, si trovano ad affrontare anche il licenziamento. Anche il lavoro è vita”.