A due anni dalla~Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, sono ancora i giovani riuniti a centinaia di migliaia attorno al Papa a lanciare al mondo un segnale di speranza. “Voi siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti non si risolvono con le armi ma con il dialogo”. Con queste parole papa~Leone XIV~si è rivolto alla moltitudine di ragazze e ragazzi radunati a Tor Vergata; parole pronunciate in un tempo drammaticamente segnato dalla guerra e che richiamano alla memoria quelle che il pontefice rivolse al mondo subito dopo la sua elezione, invocando per tutti la pace.La pace – non soltanto come auspicio della fine dei conflitti in atto, ma soprattutto come impegno ad affermare una cultura e una politica della pace, prospettando ai popoli della Terra percorsi diversi da quelli di un equilibrio del terrore fondato sulla crescita degli investimenti in armamenti – è stata sicuramente, e non poteva non esserlo,~uno dei temi centrali dell’incontro dei giovani.Ma più in generale, come sottolineato in un suo articolo dalla segretaria generale della CISL,~Daniela Fumarola, va rilevato come il raduno di Tor Vergata non sia solo un evento religioso, ma un fatto sociale che smentisce la narrazione diffusa e ricorrente per cui si parla dei giovani “in termini di fragilità, disillusione e disimpegno”, presentandoci invece l’immagine di “una generazione viva, consapevole e in cerca di senso, pronta a mettersi in gioco nonostante il peso delle crisi ambientali, lavorative, geopolitiche”. Più che “nonostante”, verrebbe da dire~”proprio” per questo, per fare di questi temi l’oggetto di un protagonismo attivo, che su questi elabora e propone su idee e azioni. Basti pensare, tanto per fare un esempio, al messaggio potente lanciato dai giovani di~Economy of Francesco. Ecco perché sono decisamente fuori pista i commenti di chi ha voluto vedere, nel raduno di Tor Vergata, una sorta di~rave party~mistico. È l’esatto contrario ciò che è accaduto: non un momento di esaltazione e di sfogo, destinato a esaurirsi in se stesso, ma la testimonianza di un impegno cui tutti e ciascuno sono pronti a dare continuità nel proprio vissuto quotidiano.Si sono spese, giustamente, parole di ammirazione e gratitudine, di soddisfazione e di orgoglio, per aver reso possibile che un evento di proporzioni enormi si svolgesse in modo così ordinato. Credo però che il merito principale sia del milione di giovani convenuti a Roma, dei valori in cui credono e del modo in cui ne danno ovunque testimonianza. Capaci di esprimere sonoramente la loro gioia e il loro entusiasmo, di “fare chiasso”, come da esortazione di papa Francesco a Lisbona, e prima ancora di Giovanni Paolo II nel precedente Giubileo: ma pronti a raccogliersi nel silenzio e nella meditazione quando necessario.Non è la prima volta che accade, non è certamente casuale: c’è invece nel Giubileo dei Giovani un confortante segno di continuità che va apprezzato e colto e che si traduce in un grande motivo di speranza e di fiducia nella capacità delle giovani generazioni di essere artefici di un futuro migliore.