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Previdenza complementare dei dipendenti pubblici: illegittima per la Corte Costituzionale la tassazione applicata al riscatto della posizione

Pubblicato il 24 Ott, 2019

24 Ottobre 2019 – La Corte Costituzionale con sentenza n. 218/2019, ha recentemente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 nella parte in cui prevede che il riscatto volontario della posizione individuale dei lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni iscritti ai fondi di previdenza complementare, sia assoggettato ad imposta ai sensi dell’art. 52 comma 1 lett. d-ter del Tuir (assimilazione ai redditi da lavoro dipendente) in luogo della più favorevole imposta sostitutiva prevista per i lavoratori del settore privato dall’art. 14 commi 4 e 5 dello stesso decreto legislativo n. 252/2005 .

Con tale normativa è stata introdotta una distinzione, inesistente nella precedente disciplina, in ordine al regime fiscale applicabile alle prestazioni di previdenza complementare del settore privato e pubblico. Ai lavoratori del settore privato iscritti al fondi pensione, infatti, fin dal 2007 si applica un’imposta sostitutiva con aliquota che varia a seconda della tipologia di prestazione (23% per il riscatto volontario) e del numero di anni di iscrizione alle forme di previdenza complementare, mentre ai lavoratori del settore pubblico fino al 2018, in attesa di un decreto legislativo attuativo mai emanato, si è continuato ad applicare il previgente regime di tassazione più oneroso in quanto prevede il cumulo del reddito della prestazione con gli altri redditi (tassazione ordinaria Irpef o tassazione separata a seconda delle prestazioni).

Con la legge di Bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017 art. 1 comma 156) a seguito dell’accordo tra Governo e Sindacati del 21 novembre 2017, il regime fiscale previsto dall’art. 14 commi 4 e 5 del d.lgs. 252/2005 è stato esteso anche ai lavoratori del settore pubblico sia per quanto riguarda gli oneri deducibili, sia per quanto riguarda l’imposta sostitutiva applicata ma solo per i montanti delle posizioni accumulate a partire dal 1 gennaio 2018 in poi.

La sentenza n. 2018/2019 è, quindi, di particolare interesse perché, sebbene sia circoscritta alla fattispecie del riscatto volontario della posizione dal momento che questo era l’oggetto della causa, essa afferma che “la peculiare modalità di gestione del TFR pubblico, mediante un accantonamento virtuale in costanza di rapporto di lavoro, non è idonea a differenziare dal punto di vista funzionale la posizione individuale maturata in un fondo pensione da un dipendente pubblico rispetto a quella maturata da un dipendente privato e, di conseguenza, a giustificare un differente regime tributario del riscatto della posizione medesima”.

Per quanto riguarda le modalità operative con cui chiedere il ricalcolo dell’imposta sono in corso approfondimenti anche presso i fondi pensione interessati e ne daremo conto non appena possibile.

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