Appalti. Iter del Ddl delega

La Cisl attraverso il Dipartimento Servizi e Terziario è impegnato a seguire l’iter del Ddl Delega che recepisce tre Direttive comunitarie e formula un nuovo Codice degli appalti. Il lavoro si sta svolgendo unitariamente con Cgil e Uil confederali e con il coinvolgimento delle Federazioni di categoria interessate.

L’iter parlamentare
A gennaio 2015 il Governo e il Parlamento erano al lavoro per recepire 3 Direttive europee in materia di appalti. Si è andati così, nel giro di qualche mese, verso la definizione di un testo di legge delega che riscrive le norme in materia. Cgil, Cisl e Uil sono partite unitariamente con un lavoro di analisi e di proposte oggetto dei vari incontri che si sono svolti con i Gruppi parlamentari e delle audizioni a cui sono state invitate dalle competenti Commissioni di Camera e Senato. Al tavolo di Coordinamento aperto presso la Presidenza del Consiglio Cgil, Cisl e Uil si sono presentate con un Documento unitario. Ecco in sintesi cosa prevedono le 3 Direttive e la posizione unitaria del movimento sindacale su questi temi nella fase iniziale dell’iter legislativo.

1. Sintesi delle Direttive europee sugli appalti

Cosa prevedono le 3 Direttive
Il pacchetto delle deleghe comprende: 1. una proposta di direttiva sugli appalti nei cosiddetti “settori speciali”, vale a dire acqua, energia, trasporti e servizi postali; 2. una proposta di direttiva sugli appalti pubblici; 3. una proposta di direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. L’obiettivo delle proposte in materia di appalti è di avvicinare, per quanto possibile, la disciplina dei “settori speciali” a quella dei “settori classici”. La proposta sui contratti di concessione, invece, è volta a fornire – sulla base della giurisprudenza elaborata in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea – un quadro giuridico certo nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni.

Proposte della Commissione europea nel settore degli appalti
Le nuove norme vogliono modificare e sostituire la direttiva 2004/17/CE (appalti nel settore dell’acqua, dell’energia, dei servizi di trasporto e dei servizi postali) e la direttiva 2004/18/CE (appalti pubblici di lavori, forniture e servizi). La Commissione europea, pur confermando la validità degli obiettivi generali della politica UE in materia di appalti (promozione di una concorrenza non discriminatoria e lotta alla corruzione), ha l’obiettivo di semplificare e chiarire una serie di aspetti della disciplina vigente in materia di appalti pubblici, in particolare per quanto riguarda il campo di applicazione, le procedure, il valore delle soglie, la selezione dei candidati, la produzione dei documenti relativi alle gare di appalto, il contrasto alla corruzione, ai favoritismi e ai conflitti di interesse. Altri interventi sono rivolti a favorire la creazione di un vero e proprio mercato europeo degli appalti. Tra le novità proposte a tal fine figurano: il ricorso obbligatorio agli appalti elettronici; un’attenuazione della distinzione tra selezione dei candidati e assegnazione del contratto di appalto (in particolare per quanto riguarda la possibilità di valutare i criteri di aggiudicazione prima di quelli di selezione); un migliore accesso delle Pmi al mercato degli appalti pubblici, mediante la riduzione degli oneri e la suddivisione degli appalti in lotti; la previsione di un regime speciale per i servizi sociali; il calcolo del costo del ciclo di vita dei prodotti o dei servizi oggetto dell’appalto ai fini della sua aggiudicazione; le modifiche dell’appalto in corso di esecuzione; l’uso strategico degli appalti, prestando maggiore attenzione ai vincoli sociali ed ambientali.

Proposta della Commissione europea sulle concessioni
L’obiettivo della proposta della Commissione europea – formulata anche sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea – è di fornire un quadro giuridico certo nel settore delle procedure di aggiudicazione delle concessioni ed eliminare gli ostacoli che, da un lato, impediscono agli operatori economici di accedere ai mercati delle concessioni, dall’altro sconsigliano amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori di ricorrere a tali strumenti per perseguire i propri fini. La Commissione parte dal presupposto che gli ostacoli all’accesso al mercato delle concessioni siano dovuti alle significative differenze tra le varie discipline nazionali, con particolare riferimento, tra l’altro, alle norme procedurali, ai requisiti di pubblicità e trasparenza e ai criteri di selezione e di aggiudicazione che – secondo la Commissione – produrrebbero condizioni di disparità per gli operatori economici. Ulteriore motivo d’intervento indicato dalla Commissione è l’attuale insufficiente tutela giuridica degli offerenti, poiché le vigenti norme concernenti i mezzi di ricorso nel settore degli appalti pubblici non si applicano alle concessioni di servizi (e in una certa misura anche alle concessioni di lavori).

2. Temi e proposte di Cgil, Cisl, Uil

I temi che Cgil, Cisl e Uil hanno inteso porre relativamente alla Direttiva Appalti pubblici riguardano: l’osservanza dei contratti collettivi, il regime di 3 solidarietà tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’operatore economico, le clausole sociali di mantenimento dell’occupazione. La situazione italiana, infatti, è particolarmente carente per quanto riguarda le clausole di mantenimento dell’occupazione, la garanzia degli interessi collettivi, il regime di solidarietà e le Direttive europee possono essere un’occasione preziosa per individuare strumenti che risolvano tali carenze.

Principali punti di carattere sociale delle Direttive Appalti pubblici
I rapporti di lavoro sono disciplinati dalle normative legali e contrattuali vigenti nel luogo in cui il lavoro è eseguito. Le procedure di appalto, infatti, devono adottare misure adeguate a garantire il rispetto della normativa ”in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro” applicata nei luoghi in cui i lavori sono effettuati e i servizi forniti ”purché tali norme, nonché la loro applicazione, siano conformi al diritto dell’Unione” (con. 37). Le disposizioni a tutela del lavoro sono parte della valutazione qualitativa dell’offerta e inserite tra i criteri di aggiudicazione degli appalti (con. 79). I criteri di aggiudicazione e di esecuzione dell’appalto devono contenere l’indicazione delle tariffe minime salariali, così come stabilite dalla legislazione o dai contratti collettivi nazionali e possono prevedere ”misure intese alla tutela della salute del personale coinvolto nei processi produttivi, all’integrazione sociale di persone svantaggiate o di membri di gruppi vulnerabili nel personale incaricato dell’esecuzione dell’appalto o alla formazione di personale riguardante le competenze richieste per l’appalto” (99 con.). Nelle condizioni di esecuzione dell’appalto si possono prevedere misure volte a favorire “l’uguaglianza tra uomini e donne, ad assumere personale svantaggiato in misura superiore a quanto previsto dalla legislazione nazionale” (98 con.). Le disposizioni relative al lavoro previste dal diritto europeo, da quello nazionale e dai contratti di lavoro devono essere osservate anche dai subappaltatori. Inoltre sono previsti obblighi di informazione in capo al contraente principale, in virtù di clausole specifiche che l’amministrazione aggiudicatrice dovrà inserire in tutte le procedure di appalto, o in virtù di obblighi che gli Stati membri imporranno al contraente principale (45 con.). L’amministrazione aggiudicatrice ha diritto di rifiutare offerte che appaiono ”anormalmente basse” e non conformi al diritto nazionale con riguardo alla previdenza sociale e al diritto del lavoro (103 con.). Le amministrazioni aggiudicatrici possono richiedere informazioni relative al rispetto delle norme del lavoro e sui contratti collettivi (art. 69, comma 5). Parimenti è causa di esclusione ”il mancato pagamento di imposte o contributi previdenziali” che sia stato accertato da una decisione giudiziaria, secondo la legislazione del paese dove ha sede l’impresa o l’amministrazione aggiudicatrice (art. 57, comma 2).

Punti critici

Convenzione Oil 94
La convenzione Oil n. 94
, ratificata in 10 paesi membri dell’UE, contiene (art. 2) un parametro utile all’individuazione dei livelli salariali dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici che può essere assunto quale parametro di comparazione nella valutazione delle offerte. La mancata ratifica della 4 convenzione Oil da parte di molti Paesi dell’UE crea fenomeni di dumping sociale a carico dei Paesi più virtuosi. La circostanza è stata anche segnalata dalla Ces.

Applicazione dei contratti collettivi
Il problema si pone per quei Paesi (come l’Italia) nei quali i contratti collettivi non hanno efficacia generale legale, ma solo pattizia e per i quali esiste la difficoltà di individuare nei criteri di aggiudicazione dell’appalto un indicatore certo della norma collettiva applicabile. Per questi Paesi (e quindi anche per noi) occorre acquisire una norma nella quale si preveda che ”in mancanza di contratti collettivi dotati di efficacia generale le amministrazioni aggiudicatrici indicheranno nei documenti di gara i contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona che devono costituire parametro per l’appaltatore nella determinazione dei trattamenti normativi e retributivi applicabili ai lavoratori dipendenti”.

Subappalti
Devono essere riprese e rafforzate negli ordinamenti nazionali le disposizioni che prevedono il pagamento diretto dei subappaltatori da parte della stazione appaltante e il recepimento negli ordinamenti nazionali delle norme relative alla pubblicità di tutti gli operatori economici, dei loro dipendenti e di quelli autonomi che insistono sull’opera/servizio, anche prima dell’aggiudicazione della procedura. Va anche ricordato che il Decreto 69/13 ha aggiunto all’attuale Codice degli appalti il comma 3-bis all’art. 82, che obbliga l’amministrazione aggiudicatrice a valutare il prezzo più basso al netto delle spese relative al costo del personale. La norma ha una sua valenza e potrebbe essere ripresa anche a livello europeo per sostenere il principio dell’incomprimibilità del costo del lavoro nel rispetto di leggi e contratti.

Il regime di solidarietà
La nostra normativa sulla solidarietà, modificata più volte e negli ultimi anni negativamente, ha assunto ormai carattere di irrazionalità. Così com’è oggi, infatti, non consente ai lavoratori di ricevere adeguata e tempestiva soddisfazione dei loro diritti e dei loro crediti. Occorre che il processo di recepimento delle Direttive europee costituisca uno stimolo alla verifica e rivisitazione delle normative nazionali sulla solidarietà. Nel rispetto dell’equilibrio tra Europa e singoli Stati occorre ricordare che se la Direttiva Appalti pubblici si riferisce a appaltatore e sub-appaltatori, nell’esperienza e giurisprudenza italiana il Committente pubblico è chiamato a rispondere in caso di inadempienza. Questo principio va salvaguardato.

Tutela dell’occupazione nell’ipotesi di successione nell’appalto
La Direttiva Appalti pubblici quando rinvia ai contratti collettivi risolve anche il problema del mantenimento dell’occupazione. Nei Paesi in cui il contratto collettivo ha efficacia generale le eventuali clausole di mantenimento dell’occupazione sono vincolanti anche nell’ipotesi di successione nell’appalto. Nelle situazioni come quella italiana, o di altri Paesi, occorre una norma nella 5 quale si preveda che ”le procedure sindacali di cui alla direttiva 2001/23/CE si applicano anche alla successione degli operatori economici negli appalti pubblici al fine di garantire la continuità dei contratti di lavoro”, introducendo così il concetto di responsabilità solidale.

Appalti e legalità
Il Rapporto della Commissione europea sulla corruzione segnala, per l’Italia, un maggior numero rispetto alla media europea di procedure diverse dalla gara pubblica con ricorso alle deroghe. La normativa nazionale su questo punto è già stata aggiornata con il decreto 90/14 e con il provvedimento che ha incorporato dell’Avcp nell’Anac. Tuttavia permangono scelte legislative contraddittorie in diversi campi e settori, ad esempio nei beni culturali o nello stesso recente decreto “Sblocca Italia”. Quello del ricorso di norma alle gare pubbliche deve essere un parametro europeo per contraddistinguere le procedure nei vari Paesi e nell’intero continente. Per le Concessioni deve valere lo stesso criterio del ricorso alla gara pubblica, questo anche, di norma, per gli appalti del concessionario. Inoltre, soprattutto per le stazioni appaltanti occorre adeguarsi al parametro europeo, riducendo fortemente il loro numero, per velocizzare, semplificare, risparmiare e per favorire la messa in trasparenza e la legalità.

Cooperazione tra gli Stati europei per il rispetto delle norme sul lavoro
Ogni Paese europeo deve essere messo in condizione di avere le informazioni sulle imprese partecipanti agli appalti e sul rispetto, da parte loro, delle norme in materia contrattuale e previdenziale.

Programma di infrastrutture europee
L’impegno della Commissione europea sul rilancio degli investimenti in infrastrutture richiede un parallelo monitoraggio del rispetto della normativa sugli appalti in tutti i suoi aspetti: sociali, occupazionali e di mercato. A questo fine, anche su impulso della Commissione Europea, è importante prevedere lo strumento di “dibattito pubblico”.

Direttiva Concessioni
Occorre perfezionare il considerando n. 3, specificando che nel caso di concessioni che coinvolgono utenza pubblica nell’utilizzo di beni e servizi di natura sociale, elettricità-gas-acqua, le tariffe delle utilities sono concordate con lo Stato nel rispetto degli obiettivi di politica pubblica, mentre per il resto occorre un accordo tra le parti in funzione dell’applicazione dei piani industriali (ad es.: trasporti urbani ed extraurbani, ammodernamento mezzi, pedaggi autostradali ecc.).

Il Seminario unitario di febbraio
Il 10 febbraio 2015 Cgil, Cisl e Uil hanno tenuto un Seminario su: ”Appalti e Concessioni: lavoro, legalità e trasparenza. Direttive europee e Disegno di legge delega di recepimento”, durante il quale si è svolto un confronto con alcuni rappresentati delle istituzioni.

Lo stato attuale del Ddl Appalti

Il Senato, che ha coinvolto le parti sociali nella fase di confronto, privilegiando il dialogo, anche attraverso vari incontri formali e informali, ha prodotto un testo licenziato nel giugno 2015 – che, dopo vari emendamenti, ha accolto gran parte delle indicazioni fornite dalle Organizzazioni sindacali.
La Cisl ha valutato positivamente l’impianto complessivo del testo licenziato al Senato, soprattutto per l’impostazione e gli obiettivi di trasparenza e legalità perseguiti dal legislatore e ha chiesto – unitamente a Cgil e Uil – di preservarli e, se possibile, rafforzarli nel successivo passaggio alla Camera dei Deputati.
In particolare, gli aspetti più rilevanti per le OO.SS. sono stati la forte riduzione delle stazioni appaltanti, il maggior ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa, l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro, le clausole sociali, la riduzione del subappalto. Sono stati messi al centro gli aspetti sociali, relativi al mondo del lavoro, che nel settore rappresentano un elemento determinante per la realizzazione di opere o l’offerta di servizi ai cittadini che gli appalti sono chiamati ad attuare.
Attualmente il provvedimento è in esame all’Aula della Camera che deve votare il nuovo testo rivisto dall’VIII Commissione, nel quale sappiamo che sono stati apportati emendamenti rispetto al Testo uscito dal Senato.
Cgil, Cisl e Uil, in merito a questo ulteriore passaggio del provvedimento alla Camera, hanno elaborato questa breve nota.
“L’impianto complessivo del testo del Disegno di legge delega licenziato al Senato trova concordi Cgil, Cisl e Uil nel ritenere valida l’impostazione e gli obiettivi di trasparenza e legalità perseguiti dal legislatore nel recepire le Direttive comunitarie e nel formulare un nuovo Codice degli appalti.
Il testo, tuttavia, può ulteriormente essere migliorato soprattutto per quanto attiene le concessioni dirette.
1. Anzitutto, come è stato previsto per il settore dei servizi, andrebbe estesa l’applicazione dei contratti più vantaggiosi per il lavoratore anche nel settore dei lavori.
2. 2. Inserire la clausola sociale per la stabilità dei lavoratori anche per gli appalti di lavori. In merito, alle aziende che sinora hanno ottenuto concessioni dirette, per limitare le possibili conseguenze sull’occupazione derivate dalla messa in gara dei lavori si può prevedere una clausola sociale che garantisca l’attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere realizzate, recuperando così le professionalità che i lavoratori hanno acquisito nel corso degli anni e rispettando, nel contempo, il rapporto 60/40 della messa in gara dei lavori”.

 

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