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“Il salario minimo non è utile la soluzione resta la contrattazione” – da ‘L’Economia’ Corriere.it

Pubblicato il 6 Giu, 2022

di Andrea Ducci

Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, non ha dubbi e sulla discussione che riguarda l’adozione del salario minimo dice come la pensa:«La via per innalzare i salari, le tutele e i diritti dei lavoratori è la contrattazione».

Nei prossimi giorni è atteso l’accordo in sede Ue per definire un quadro che porti al salario minimo. E’ una misura giusta e utile?

«Assolutamente sì. L’Europa non è tutta uguale dal punto di vista di salari, dei diritti, della possibilità di avere un sindacato libero e una libera contrattazione. Le democrazie europee non sono tutte allo stesso punto della storia. La direttiva, a cui abbiamo dato il nostro contributo tratta diversamente situazioni diverse, ma parte da un presupposto su cui sono stati concordi tutti i sindacati d’Europa: la via per innalzare i salari, le tutele e i diritti dei lavoratori è la contrattazione e su quella occorre puntare per far crescere la democrazia e il benessere. Il salario minimo legale, per la direttiva, serve solo nei paesi che non hanno una contrattazione adeguata, che, non a caso, sono anche quelli con i salari più bassi e i minori diritti. All’Italia la direttiva non destina infatti alcun obbligo di salario minimo, perché abbiamo sindacati liberi e un sistema contrattuale che copre quasi la totalità dei lavoratori. Molto al di sopra della soglia dell’80% prevista dalla direttiva. Per paesi come l’Italia, dunque, c’è solo l’incoraggiamento a presidiare e rafforzare la contrattazione».

Da più parti intanto si critica il salario minimo, segnalando, per esempio, che non è una priorità o come osserva il ministro Brunetta definendolo uno strumento che va contro la storia delle relazioni industriali. E’d’accordo?

«Dire che non è una priorità non ha molto senso. Il punto è che non è utile. Non è solo un fatto di storia delle relazioni industriali che, lo ricordo, sono quelle che con la politica dei redditi e il patto di concertazione del 1993 hanno consentito all’Italia di entrare nell’area Euro sin dall’inizio. È un modello di democrazia, fondato sulla partecipazione delle parti sociali alla vita e alle scelte del Paese. Un modello alternativo come quello della regolamentazione per legge del salario potrebbe smontare, diversamente da quanto ci chiede l’Europa, la contrattazione e con essa un modello di democrazia che ha garantito progresso e avanzamento sociale indiscutibili».

Il governatore di Bankitalia Visco spiega che il salario minimo se «ben studiato» può essere uno strumento positivo. Che caratteristiche dovrebbe avere secondo lei?

«Dovrebbe fondarsi appunto sulla contrattazione. Un conto è stabilire per legge un importo minimo potenzialmente “alternativo” all’applicazione dei contratti. Altro sarebbe, come da qualche tempo sta ipotizzando il ministro Orlando, se i contratti firmati dalle organizzazioni più rappresentative stabilissero i trattamenti economici complessivi al di sotto dei quali, settore per settore, non potere scendere. Se si riuscisse ad andare in questa direzione, i contratti firmati da chi, come Cgil, Cisl e Uil, ha rappresentanza per contrattare sarebbero valorizzati, e i minimi da applicare terrebbero conto di tutti i trattamenti contrattuali ulteriori rispetto al mero compenso orario, che con una legge sul salario minimo legale potrebbero invece disperdersi o regredire. Questa è la strada da perseguire. I contratti devono dettare i minimi dei settori e la contrattazione deve essere sostenuta e rafforzata dalla legge, non minata offrendo pericolose alternative».

La corsa dell’inflazione che erode il potere di acquisto evidenzia l’urgenza di intervenire sulle retribuzioni. Da dove si parte e quali sono le priorità?

«Subito è necessario insistere con sostegni straordinari e immediati. Anche a costo di scostamenti di bilancio. Abbiamo chiesto interventi fiscali che sostengano i salari e i consumi e una prima, ancora blanda, risposta è arrivata attraverso il bonus 200 euro. Noi chiediamo al Governo di puntare su ulteriori sostegni che consentano acquisti di beni di largo consumo in esenzione Iva. Abbiamo anche già suggerito alcune modalità praticabili. Poi bisogna rinnovare i contratti scaduti nel pubblico e nel privato rapidamente. E tenere conto che l’inflazione dovuta al caro energia non può essere interamente decurtata dalla percentuale calcolata per gli aumenti, come vorrebbero le regole attuali. A lavoratori non può essere fatto pagare il costo della speculazione. Su questo il Governo non può fare Ponzio Pilato e deve chiamare a responsabilità tutte le parti in campo. E poi un tavolo per una nuova politica dei redditi a sostegno dei salari e della produttività. Dobbiamo elevare i salari legandoli al motore della crescita.».

Le parti sociali aspettano una convocazione del premier Mario Draghi per una discussione su temi come crescita dei salari, taglio del cuneo fiscale e aumento della produttività. Cosa chiedete al governo?

«Chiederemo che si apra subito un tavolo triangolare per un’intesa, patto, accordo, chiamiamolo come vogliamo, che metta al centro una nuova politica dei redditi, l’apertura ad un metodo partecipativo, l’accelerazione degli investimenti del Pnrr, un progetto di sviluppo che unisca il paese, la riduzione delle tasse, cambiare le pensioni, puntare su lavoro e formazione, obiettivi a cui ognuno dovrà dare il proprio contributo. Abbiamo l’obbligo di far funzionare a pieno entrambi i livelli della contrattazione e solo attraverso strumenti di partecipazione e di bilateralità sarà possibile farlo. Dobbiamo darci nuove regole per uno sviluppo sostenibile e per una crescita maggiore e più equilibrata. Se non ora, quando?».

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