(…) Io credo in una comunicazione che unisce non che divide. Ma siamo entrambi “figli del popolo”: prima di studiare abbiamo lavorato e conosciamo la fatica della fabbrica e dei campi. (…) Preferisco di gran lunga “partecipazione sociale”. Rispetto agli esistenzialisti francesi mi piace di più Karl Popper e la sua difesa della società aperta. C’è un corto circuito che non mi convince nella retorica di questi mesi, una certa confusione che al conflitto, sacrosanta modalità dell’azione sindacale, sovrappone l’antagonismo. (…) L’Italia va riformata non rivoltata. (…)Lo si fa con il dialogo. La radicalizzazione non aiuta nessuno, né i lavoratori né il Paese. Parlare di “svolta autoritaria” del governo come fa Landini mi sembra però davvero fuori luogo. Serve un patto sociale per la crescita e il lavoro e per affrontare le riforme con equilibrio e giustizia”.
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