ll 5 luglio 2024, a seguito dell’approvazione finale del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Direttiva 2024/1760 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859 (UE) (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDDD o CS3D).
Dopo un lungo iter negoziale (la prima proposta della Commissione risale a oltre 2 anni fa) affiancato da una determinata e incessante pressione sindacale, da dicembre 2023, tra accelerazioni, rinvii, astensioni, si è giunti, tra marzo ed aprile us. all’accordo, sancito poi il con il voto finale del 13/6.
Sebbene la versione definitiva del testo sia più “leggera” e meno stringente di quella prevista inizialmente, soprattutto rispetto al campo di applicazione (innalzamento delle soglie di fatturato e n. dipendenti), rappresenta comunque una svolta storica, che definisce responsabilità e obblighi per le aziende che operano all’interno dell’UE, sulla sostenibilità sociale e ambientale. Inoltre prevede esplicitamente che anche i sindacati e i rappresentanti dei lavoratori saranno coinvolti nello sviluppo e nell’attuazione di una politica, di un piano e di una strategia di Due Diligence ai fini della sostenibilità.
La Direttiva pertanto:
“mira ad assicurare che le società attive nel mercato interno contribuiscano allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale verso la sostenibilità attraverso l’individuazione, e, ove necessario, l’attribuzione di priorità, la prevenzione, l’attenuazione, l’arresto, la minimizzazione e la riparazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente connessi alle attività delle società stesse nonché alle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali nelle catene di attività cui le società partecipano, e garantendo che le persone colpite dal mancato rispetto di tale obbligo abbiano accesso alla giustizia e ai mezzi di ricorso”. (p.16 del testo)
La Direttiva richiama esplicitamente anche diversi Accordi, Dichiarazioni, Linee Guida, Codici di condotta, definiti dall’Onu, dall’ILO, dall’OCSE, etc., che fanno riferimento a diritti umani, libertà fondamentali e questioni climatico-ambientali. Nell’allegato, inoltre, nell’elencare i “Diritti e divieti che figurano negli accordi internazionali sui diritti umani” ed i relativi strumenti, viene indicato anche quello concernente la libertà di organizzazione sindacale e di adesione ai sindacati.
Oggetto della direttiva, ovvero gli obblighi di diligenza:
a) la direttiva stabilisce norme sugli obblighi per le grandi aziende riguardo alla prevenzione e eliminazione degli impatti negativi, effettivi o potenziali sui diritti umani (nei quali sono ovviamente compresi i diritti del lavoro) e sull’ambiente, nell’intera catena di valore, che copre i partner commerciali a monte dell’azienda e parzialmente a valle, come la distribuzione o il riciclaggio;
b) la direttiva prevede inoltre norme per definire le sanzioni e la responsabilità civile in caso di violazione degli obblighi di cui al punto precedente;
c) la direttiva stabilisce obblighi per le società di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, volto a garantire la compatibilità del modello di business e delle strategie aziendali con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale in linea con l’accordo di Parigi.
Ambito di applicazione della direttiva
La direttiva si applica alle società, stabilite nell’ Unione, che soddisfano uno dei seguenti requisiti:
ü hanno avuto in media più di n. 1.000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450 milioni di euro nell’ ultimo esercizio;
ü pur senza aver raggiunto i limiti suddetti, sono capogruppo di un gruppo che ha raggiunto tali limiti minimi nell’ultimo esercizio;
ü hanno concluso o sono società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’ Unione in cambio di royalties con società terze indipendenti superiori a 22,5 milioni di euro nell’ultimo esercizio e a condizione di aver registrato o di essere la società capogruppo di un gruppo che ha registrato un fatturato netto a livello mondiale superiora a 80 milioni di euro nell’ ultimo esercizio.
Per l’Italia, una stima del numero di società “interessate” dalla direttiva dovrebbe attestarsi intorno alle 750.
Inoltre la direttiva si applica anche alle società che sono costituite in conformità della normativa di un Paese terzo e che raggiungono le stesse soglie di fatturato sopra indicate ed anche alle imprese finanziarie regolamentate, originariamente escluse, sebbene con obblighi più limitati e concentrati solo sulla catena di approvvigionamento “a monte”.
Attuazione della direttiva
Il dovere di diligenza La Direttiva prevede che Stati membri provvedano a che ciascuna società eserciti il dovere di diligenza mediante una serie di azioni che vengono disciplinate nel testo in maniera approfondita, quali in particolare: l’integrazione del dovere di diligenza nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi; l’individuazione e valutazione degli “impatti negativi effettivi o potenziali”; la prevenzione e attenuazione degli “impatti negativi potenziali” e l’arresto degli “impatti negativi effettivi”; la riparazione degli “impatti negativi effettivi”; il monitoraggio dell’efficacia della politica e delle misure relative al dovere di diligenza; una comunicazione pubblica sul dovere di diligenza in conformità; lo svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi; l’instaurazione e mantenimento di un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo
In particolare la Direttiva stabilisce che la consultazione dei portatori di interessi (tra i quali sono compresi i lavoratori, sindacati e rappresentanti dei lavoratori) avvenga in diverse fasi del processo di attuazione del dovere di diligenza, in particolare: nella predisposizione di una politica relativa al dovere di diligenza che garantisca un dovere di diligenza basato sul rischio; nella fase di raccolta delle informazioni necessarie sugli impatti negativi effettivi o potenziali; nella fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi; nella fase di adozione di misure adeguate per fornire riparazione agli impatti negativi.
Un ulteriore elemento da evidenziare è costituito dalla “possibilità che deve essere fornita a sindacati e rappresentanti dei lavoratori di presentare reclami” e “dalla predisposizione da parte della Società
di una procedura equa, pubblicamente disponibile, accessibile, prevedibile e trasparente di trattamento dei reclami” con attribuzione di alcuni diritti specificati nella direttiva stessa.
I Piani di transizione
Secondo la direttiva le aziende sono chiamate a sviluppare un piano di transizione per adeguarsi alle richieste di un’economia eco-sostenibile, in accordo con i limiti di riscaldamento globale stabiliti dall’Accordo di Parigi, che prevede di non superare l’aumento di 1,5°C.
Questo piano richiede un’analisi accurata e continua delle operazioni aziendali, estendendosi fino alle filiali e ai partner lungo la catena di fornitura.
Per rispettare queste normative, le imprese sono obbligate a:
ü identificare e mappare attentamente tutte le aree di attività, includendo quelle di filiali e partner, per localizzare dove gli impatti ambientali negativi potrebbero essere più significativi;
ü basandosi su questa mappatura, procedere con valutazioni dettagliate nelle aree a rischio per definire la gravità e la probabilità degli impatti negativi e stabilire strategie di mitigazione appropriate.
L’obiettivo è minimizzare l’impatto ambientale delle attività aziendali e assicurare un percorso verso la sostenibilità conforme agli standard internazionali.
ATTENZIONE: Anche le piccole e medie imprese (PMI) possono essere coinvolte nei processi di due diligence all’interno delle catene di fornitura delle grandi aziende, ad esempio come fornitori o clienti. Saranno le grandi aziende a supportare le PMI con cui collaborano, quando si presentano certe condizioni. Questo supporto può includere l’offerta di risorse per lo sviluppo delle capacità aziendali, la formazione, il miglioramento dei sistemi di gestione, oltre a fornire aiuti finanziari come finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza per accedere a ulteriori finanziamenti
Comunicazione
Gli Stati membri dispongono che ciascuna società riferisca sulle materie disciplinate dalla presente direttiva pubblicando annualmente sul proprio sito web una dichiarazione.
Tale dichiarazione annuale è pubblicata:
a) in almeno una delle lingue ufficiali dell’Unione che sia utilizzata nello Stato membro dell’autorità di controllo designata e, qualora diversa, in una lingua che sia di uso comune a
livello internazionale nel mondo degli affari;
b) entro un termine ragionevole, ma non oltre 12 mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale è redatta o, per le società che effettuano la rendicontazione volontaria in conformità della direttiva 2013/34/UE, entro la data di pubblicazione del bilancio d’esercizio.
Audit – Autorità di controllo
La Commissione dovrebbe istituire un help desk unico sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. Tale help desk unico dovrebbe essere in grado di collaborare con le autorità nazionali competenti di ciascuno Stato membro, compresi gli help desk nazionali, ove esistenti, nonché richiedere informazioni per assistere nell’adattarle, assieme agli orientamenti, ai contesti nazionali, e contribuire alla loro diffusione.
Gli Stati membri, ai fini del controllo della corretta attuazione degli obblighi relativi al dovere di diligenza e della corretta applicazione della direttiva, dovrebbero designare o istituire una o più Autorità nazionali di controllo, di natura pubblica, garantendo risorse umane e finanziare necessarie per l’effettivo adempimento dei suoi compiti e l’esercizio dei propri poteri, tra cui anche quello di irrogare sanzioni. Sul tema dello sviluppo sostenibile la CISL nella proposta di legge di iniziativa popolare sulla Partecipazione, attualmente in discussione in Parlamento, ha proposto all’ art 21 proprio la costituzione di un Garante della sostenibilità sociale delle imprese.
L’ Autorità nazionale di controllo fa parte della rete europea delle Autorità di controllo all’ uopo istituita dalla Commissione, per agevolare la cooperazione ed il coordinamento delle attività.
Sanzioni
I Paesi membri definiscono le regole riguardanti le sanzioni, irrogate dalle Autorità nazionali di controllo, incluse quelle pecuniarie, che si applicano quando le leggi nazionali, messe in atto per questa direttiva, vengono violate.
Le sanzioni devono essere efficaci, adeguate e deterrenti.
Nella decisione di applicare sanzioni e nel definire il tipo e il grado appropriato delle stesse, si considerano vari fattori:
– la natura, la serietà e la durata dell’infrazione, e l’entità degli impatti causati;
– gli investimenti realizzati e il supporto specifico fornito;
– le collaborazioni con altre entità per gestire gli impatti in questione;
– precedenti violazioni delle leggi nazionali attuate con questa direttiva, accertate da una decisione definitiva;
– le misure correttive adottate dalla società riguardo all’infrazione;
– i benefici finanziari ottenuti o le perdite evitate dall’azienda a seguito dell’infrazione;
– altri fattori aggravanti o attenuanti rilevanti al caso.
Entrata in vigore – tempistica dell’applicazione
Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva entro il 26 luglio 2026.
Tali disposizioni saranno applicate secondo la seguente tempistica:
– se trattasi di società di Stato membro:
· dal 26 luglio 2027 per società con più di 5mila dipendenti e fatturato netto mondiale superiore a 1.500 milioni nell’ultimo esercizio precedente;
· dal 26 luglio 2028 per società con più di 3mila dipendenti e fatturato netto globale superiore a 900 milioni.
– in caso di società di Stato terzo:
· dal 26 luglio 2027 per società con fatturato netto di oltre 1.500 milioni in Ue nell’esercizio antecedente all’ultimo prima del 26 luglio 2027;
· dal 26 luglio 2028 per società con fatturato netto di oltre 900 milioni in Ue nell’esercizio antecedente all’ultimo prima del 26 luglio 2028.
– a decorrere dal 26 luglio 2029 per quanto riguarda tutte le altre società che rientrano nei parametri previsti
L’approvazione di questa normativa arriva undici anni dopo il tragico disastro del crollo del Rana Plaza di Dacca in Bangladesh, che è costato la vita a oltre mille persone, e rappresenta il punto di arrivo di anni di pressione e mobilitazione, determinate e incessanti, da parte della CES, sostenuta dai Sindacati nazionali.