In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, ultima formalità per la sua entrata in vigore, il Parlamento europeo ha approvato nei giorni scorsi in via definitiva, con 522 voti a favore, 27 contrari e 72 astensioni, la nuova direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.
La direttiva, su cui Parlamento europeo e Consiglio hanno trovato la sintesi tra le diverse posizioni in campo, riconosce come reati penali specifici: le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato, la condivisione non consensuale di immagini intime, lo stalking informatico, le molestie informatiche, l’incitamento informatico all’odio o alla violenza.
La nuova legislazione, introduce, inoltre, una serie di circostanze aggravanti che comportano sanzioni più severe, come l’esercizio ripetuto della violenza, quella contro una persona vulnerabile o un bambino, livelli estremi di violenza, i crimini contro personaggi pubblici, giornalisti o difensori dei diritti umani. Le nuove aggravanti riguardano anche l’intenzione di punire le vittime per il loro genere, l’orientamento sessuale, il colore della pelle, la religione, l’origine sociale o le convinzioni politiche, e il desiderio di mantenere o ristabilire “l’onore”.
La direttiva pone l’accento sia sulla prevenzione che sulla punizione più adeguata di questi reati gravi, così come la sicurezza e il benessere delle vittime che devono avere carattere di priorità, anche attraverso l’accesso ad alloggi protetti.
Sarà obbligatorio rendere accessibile l’assistenza sanitaria, compresi i servizi per la salute sessuale e riproduttiva. Le autorità nazionali avranno maggiori obblighi di segnalazione e di raccolta delle prove e dovranno sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che i rapporti sessuali non consensuali sono considerati reati.
Importante anche l’attenzione particolare riservata, per la prima volta, alle donne con disabilità e alle loro specifiche condizioni che determinano spesso una violenza di tipo intersezionale.
Le nuove norme, una volta entrate in vigore, dovranno essere recepite dagli Stati membri nei propri ordinamenti entro il termine massimo di tre anni.
La Commissione dovrà riferire ogni cinque anni sull’opportunità di rivedere le norme.
La Cisl, pur ritenendo si potesse fare di più (vedi ad esempio lo stralcio dello stupro dai reati criminalizzati che rappresenta sicuramente un elemento di debolezza della direttiva), considera si tratti comunque di un importante risultato per la lotta alla violenza di genere in tutta l’Unione Europea. Così come non residuale è il riconoscimento del ruolo e del coinvolgimento di sindacati e parti sociali nella individuazione, programmazione e implementazione di interventi e strategie.