Contratti a termine e in somministrazione: la Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023

il testo della Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023, che fornisce interpretazioni relativamente alla nuova disciplina dei contratti a termine e in somministrazione alla luce delle novità introdotte dall’art.24 del Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito in legge 3 luglio 2023, n. 85.

Sintetizziamo di seguito i principali punti toccati dalla circolare.

Causali

Come ricorderete, ai sensi della nuova disciplina, che sostituisce integralmente le causali a suo tempo individuate dal Decreto Dignità, si può stipulare un contratto di durata superiore a 12 mesi:

  • nei casi previsti [Marker]dai contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a tutti i livelli;
  • in assenza di contrattazione collettiva, in via transitoria fino al 30.04.24, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • per sostituzione di altri lavoratori.
    Le stesse causali valgono per prorogare o rinnovare un contratto la cui durata complessiva superi i 12 mesi, uniformando il regime delle proroghe e dei rinnovi.

La circolare fuga innanzitutto un possibile dubbio derivante dal testo della nuova lettera b) del comma 1 dell’art.19 del Dlgs 81/15, esplicitando che le causali possono essere individuate anche dai contratti collettivi di secondo livello, purché anch’essi stipulati da soggetti comparativamente più rappresentativi ai sensi dell’articolo 51 dello stesso Dlgs 81/15.

Per quanto riguarda la possibilità, fino al 30 aprile 2024, che le parti del contratto individuale stabiliscano esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi, ma comunque non superiore ai ventiquattro mesi, la circolare evidenzia che la data del 30 aprile 2024 è da intendersi riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024. Non viene però chiarito il reale dubbio interpretativo, vale a dire se la possibilità di individuare le causali nel contratto individuale, in assenza di previsione nel contratto collettivo, sia utilizzabile solo da parte di datori di lavoro che applicano contratti stipulati da organizzazioni comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. A nostro avviso, una interpretazione diversa non pare sostenibile sul piano sistematico, in quanto non terrebbe conto della ratio della norma, che è quella di affidare l’individuazione delle causali per stipulare contratti a termine alla contrattazione comparativamente più rappresentativa.

La circolare chiarisce inoltre che, nell’ipotesi in cui nei contratti collettivi sia tuttora presente un mero rinvio alle causali di legge del Decreto dignità, le stesse sono da ritenersi implicitamente superate in quanto la normativa cui si riferiscono è abrogata dalla nuova disciplina. Diversamente, nel caso in cui nei contratti collettivi siano presenti causali introdotte in attuazione della norma introdotta dall’art.41-bis del decreto-legge n. 73 del 2021 (Decreto Sostegni-bis), data la sostanziale identità di tale previsione con la nuova disciplina, esse potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo.

Quanto alla causale “sostituzione di altri lavoratori”, la circolare ribadisce l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione, restando vietata la sostituzione per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.

La nuova disciplina esclude l’applicazione sia delle causali sia della durata massima di ventiquattro mesi per i contratti di lavoro a termine stipulati dalle pubbliche amministrazioni, da università private (incluse le filiazioni di università straniere), da istituti pubblici di ricerca, da società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero da enti privati di ricerca esclusivamente nel caso in cui si assumano lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. In questi casi la durata massima dei contratti a termine continua ad essere di 36 mesi, secondo quanto previsto nella formulazione previgente al Decreto Dignità.
La circolare precisa che resta fermo quanto previsto dall’articolo 36 del Dlgs n. 165/01, che consente l’utilizzo dei contratti a termine nelle Pubbliche Amministrazioni solo in presenza di “comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale”.

Azzeramento dei periodi precedenti l’entrata in vigore delle nuove norme

In sede di conversione del Decreto-legge n. 48/23 è stata introdotta una norma in base alla quale per il computo dei 12 mesi si deve tenere conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto (5 maggio 2023). Pertanto da tale data i datori di lavoro potranno fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo massimo di dodici mesi, senza necessità di indicare causali, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi. La circolare, con una interpretazione discutibile, sostiene che, avendo la nuova disciplina uniformato il regime dei rinnovi e delle proroghe, l’espressione “contratti stipulati” va riferita sia ai rinnovi che alle proroghe. Pertanto, se successivamente al 5 maggio 2023 sia venuto a scadenza un contratto di lavoro a termine instaurato prima di tale data, lo stesso contratto potrà essere rinnovato o prorogato per dodici mesi senza indicare causali.

Somministrazione di lavoro

La circolare passa in rassegna le modifiche intervenute sulla somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing), che escludono dal limite quantitativo del 20% i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato, i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati. E’ opportuno ricordare che il limite del 20% può essere modificato, sia in aumento che in diminuzione, dai contratti collettivi applicati dall’azienda utilizzatrice.

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