1. CISL
  2. /
  3. Notizie
  4. /
  5. Notizie > Lavoro
  6. /
  7. Notizie > Lavoro >...
  8. /
  9. Testo definitivo del Decreto...

Testo definitivo del Decreto Legge 17 marzo 2020 N°18 (Cura Italia) – Le parti relative al lavoro

5 Maggio 2020 –  Nel testo finale del D.L. 18/2020 (Cura Italia) convertito in legge il 24 aprile 2020, n. 27, sono stati incorporati i decreti precedenti varati per l’emergenza coronavirus. Pertanto una serie di modifiche apportate agli artt. 19-22 relativi agli ammortizzatori sociali sono volte ad inserire le norme del DL 9/2020 relative alle ex zone rosse e alle Regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. I periodi dei trattamenti previsti dal D.L. 9 per queste aree vengono quindi a sommarsi ai periodi previsti dal decreto Cura Italia, e a quei trattamenti viene estesa la regolamentazione prevista dallo stesso decreto.

Nel testo i destinatari delle misure sono i lavoratori in forza dei datori di lavoro alla data del 23 febbraio 2020, ma nel frattempo l’art.41 del D.L. 8 aprile 2020 n.23 (decreto liquidità) ha esteso gli ammortizzatori sociali previsti dagli articoli 19-22 del decreto in esame anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio e il 17 marzo, data di entrata in vigore del Cura Italia, e, ricordiamo per completezza, ha disposto l’esenzione dall’imposta di bollo per le richieste di cassa integrazione in deroga.

Infine si segnala che una serie di modifiche sono meramente lessicali o sintattiche, non apportando quindi modifiche sostanziali.

Di seguito il riepilogo e commento delle sole modifiche di sostanza al testo originario, segnalando che alcune delle richieste avanzate dalla Cisl sono state accolte, mentre per ulteriori miglioramenti prosegue il confronto con il Governo sull’annunciato prossimo decreto.

Art.19

Al comma 2 scompare il riferimento, che era presente nel testo originario, alla procedura di consultazione sindacale semplificata da esaurirsi in tre giorni, per cui le aziende che richiedono cigo e assegno ordinario con causale covid vengono del tutto dispensate dall’osservanza dell’art.14 del Dlgs 148/15 che detta le procedure di informativa e consultazione sindacale. Pertanto neppure la semplice informativa è dovuta.
Si sarebbe invece dovuto richiamare il solo comma 4 del suddetto art.14 che prevede una procedura di informazione sindacale semplificata proprio per gli eventi oggettivamente non evitabili. Questa è la richiesta che unitariamente nei giorni scorsi avevamo inviato ai gruppi parlamentari e alla Ministra del lavoro, e che speriamo di recuperare nel nuovo decreto. Resta fermo che per noi, per quanto riguarda la domanda di assegno ordinario ai Fondi bilaterali di cui agli artt. 26 e 27 del Dlgs 148/15, valgono le norme previste dai rispettivi statuti e regolamenti anche con riferimento alla consultazione sindacale e alla richiesta di accordo sindacale.

Art.19-bis

In questo articolo, aggiunto in fase di conversione, si consente ai datori che accedono agli ammortizzatori sociali con causale covid, di prorogare o rinnovare i contratti a termine già in essere, anche in somministrazione, derogando ai divieti previsti agli articoli 20, co.1 lett. c), 21, co.2 e 32, comma 1, lettera c) del Dlgs 81/15, compreso il cosiddetto “stop & go”, vale a dire il divieto di riassumere lo stesso lavoratore entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi.

La deroga ai divieti di proroghe e rinnovi di contratti a termine e in somministrazione per i datori di lavoro destinatari degli ammortizzatori sociali con causale covid risponde ad una nostra richiesta, per favorire il più possibile la continuità occupazionale.
Tuttavia se non viene sospesa anche l’operatività delle causali, la deroga prevista potrà essere utilizzata solo per le proroghe, e solo se la durata complessiva comprensiva di proroga resta sotto i 12 mesi. Se invece
Il contratto è già scaduto, non potrà essere rinnovato in quanto il rinnovo necessita, a legislazione vigente, di causale anche sotto i 12 mesi. In questo senso risulta inutile la deroga di cui all’art.21, co.2 del dlgs 81/2015 riferita allo ‘stop & go’ per i rinnovi, mentre sarebbe stata utile una deroga al co. 1 dello stesso art.21 che stabilisce la durata massima di 24 mesi e il numero massimo di proroghe.

Art.22

Al comma 1 viene specificato che la Cassa integrazione in deroga può essere richiesta anche in forma di riduzione di orario, e non esclusivamente a zero ore.
Viene inoltre eliminato del tutto l’obbligo di accordo sindacale per i datori di lavoro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza alle restrizioni emanate per far fronte al covid-19, indipendentemente dal numero di dipendenti.
Ai commi 3 e 4 viene esplicitato che una quota delle risorse viene riservata al Ministero del lavoro per la cassa integrazione in deroga richiesta dalle aziende plurilocalizzate.
Con i commi 5 bis e 5 ter relativi ai Fondi di solidarietà di Trento e Bolzano, si stabilisce che a tali fondi vengono fatte affluire le risorse residue destinate alla deroga negli anni scorsi. Viene inoltre consentito che le risorse finanziarie dei predetti fondi siano utilizzate anche per assicurare una tutela integrativa alle prestazioni di disoccupazione, a condizione che alla copertura del relativo fabbisogno finanziario si provveda con fondi provinciali.
Opportuna la specifica circa la riduzione di orario, in quanto non tutti i datori di lavoro hanno bisogno di sospendere completamente l’attività ma solo di ridurla.
Per quanto riguarda l’accordo sindacale, ricordiamo che ai sensi della precedente formulazione era stato reso obbligatorio, in verità con un enunciato non chiarissimo, per tutte le aziende con oltre 5 dipendenti. Fermo restando che l’accordo resta escluso per tutti i datori di lavoro fino a 5 dipendenti, la nuova formulazione lo esclude anche per i datori di lavoro da 6 dipendenti in su che hanno “chiuso” l’attività “in ottemperanza a provvedimenti”. Pertanto, da una lettura letterale, potrebbe sembrare che resti l’obbligo di accordo per chi non ha chiuso l’attività ma la ha solo ridotta, e per chi ha chiuso l’attività non in ottemperanza ad obblighi di legge ma per riduzione della domanda. Anche leggendo la norma in questo modo, si tratterebbe comunque di un numero molto minoritario di aziende. Per la grande maggioranza si esclude l’obbligo di accordo, ma non è chiaro se vi sia almeno l’obbligo di informativa sindacale, che non viene mai richiamato. (Ricordiamo che l’Inps, con circolare 47/2020, ha nel frattempo stabilito, per le aziende per cui vi è obbligo di accordo, che questo si considera esperito con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’articolo 19, comma 1, mentre la circolare del Ministero del lavoro n.8/2020, che si esprime solo sulle aziende plurilocalizzate, stabilisce che per queste ultime le domande dovranno essere corredate dall’accordo sindacale). Pur ritenendo sensato non introdurre accordi obbligatori per la richiesta di cassa integrazione in fase emergenziale, tanto più che tale obbligo non sussiste neppure nella normativa ordinaria, va tuttavia ricordato che la normativa ordinaria prevede obbligo di informativa e, se richiesto, di esame congiunto, e riteniamo molto grave non aver previsto lo stesso per la cassa integrazione con causale covid.
Come già osservato sopra, sarebbe stato assai più lineare, per tutti i trattamenti legati all’emergenza covid, richiamare fin dall’inizio semplicemente l’art.14 comma 4 del Dlgs 148/15, che prevede una procedura semplificata e abbreviata di consultazione sindacale proprio per gli eventi oggettivamente non evitabili, come abbiamo chiesto nella già citata lettera unitaria. Invece inizialmente si sono voluti creare per i datori di lavoro obblighi maggiori di quelli che la normativa prevede in situazioni non emergenziale, provocando una serie di polemiche con effetto boomerang, che hanno portato, paradossalmente, ad una situazione in cui in quasi tutti i casi non è obbligatoria neppure la mera informativa.

Art. 39

Viene spostata dal 30 aprile 2020 fino alla data di fine dell’emergenza la validità delle norme sul lavoro agile a favore di lavoratori disabili e immunodepressi.
Si tratta del diritto, per i lavoratori dipendenti disabili in condizioni di gravità o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona disabile in condizione di gravità, a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione, nonché della priorità , per lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità di lavoro agile.
Inoltre tali norme vengono estese ai lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi.

Art. 40

All’art.40, che ha sospeso per due mesi dall’entrata in vigore del decreto in esame, le misure di condizionalità e di altre misure relative agli avviamenti al lavoro, viene aggiunto il comma 1 bis che specifica che le attività di formazione e orientamento al lavoro e le altre attività connesse ai patti per il lavoro e ai patti per l’inclusione sociale, se possibile, sono rese a distanza e che la sospensione delle misure di condizionalità non si applica alle offerte di lavoro congrue nel comune di appartenenza.

 Art.46 – Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo

Dalla sospensiva dei licenziamenti vengono esclusi i lavoratori già impiegati in un appalto e riassunti a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di CCNL o di clausola sociale.

Si tratta di risposta alla segnalazione della Cisl

 Art. 105 – Ulteriori misure per il settore agricolo

Viene apportata una modifica all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 che stabilisce, per le attività agricole, che le prestazioni svolte da parenti e affini in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, non costituiscono rapporto di lavoro. La modifica consiste nell’allargare il grado di parentela o affinità dal quarto grado al sesto grado. Fino al termine dell’emergenza sanitaria le disposizioni di cui al citato 74 si applicano anche a soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole situate nelle zone montane.
Inoltre si stabilisce che:
– al proprietario, al conduttore o al detentore, a qualsiasi titolo, di terreni sui quali insistono piante infettate dagli organismi nocivi da quarantena, ovvero ai lavoratori da tali soggetti delegati, è consentito lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui si trovano al fine di dare attuazione alle misure fitosanitarie ufficiali e ad ogni altra attività ad esse connessa, disposte dai provvedimenti di emergenza fitosanitaria;
– al proprietario, al conduttore o al detentore, a qualsiasi titolo, di terreni coltivati o non coltivati, ovvero ai lavoratori da tali soggetti delegati, è consentito lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano per provvedere alla cura e alla pulizia dei predetti terreni, al fine di evitare il rischio di incendio derivante dalla mancata cura.
Le suddette attività si considerano rientranti nei casi di comprovate esigenze lavorative ovvero di assoluta urgenza di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020.

Condividi