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Correttivo al Codice dei Contratti Pubblici – Analisi delle principali modifiche

Con il D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, il legislatore ha apportato rilevanti modifiche al Codice dei contratti pubblici, intervenendo su circa cento disposizioni. Nato come correttivo per risolvere problemi applicativi emersi durante la prima attuazione del Codice, l’intervento ha assunto una portata più ampia, anche in seguito ai pareri espressi dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza Stato-Regioni.

L’intento dichiarato del correttivo è stato quello di migliorare il quadro normativo, per sostenere la spesa pubblica e gli investimenti, in particolare in relazione agli obiettivi del PNRR e tentare di risolvere alcuni problemi interpretativi sorti nelle fasi di prima applicazione normativa. Tuttavia, l’ampiezza delle modifiche e l’immediata entrata in vigore del decreto, senza un adeguato periodo di adattamento, hanno suscitato alcune perplessità tra gli operatori del settore.

Questo intervento ha inciso trasversalmente su quattro ambiti fondamentali, quali:

1) La qualità delle opere e dei servizi: modifiche ai criteri di aggiudicazione ed applicazione dei  contratti collettivi;

2) La gestione dei tempi: nuove regole per velocizzare le procedure, con possibili effetti collaterali sulle stazioni appaltanti;

3) La digitalizzazione: rafforzamento dell’uso del Building Information Modeling (BIM) e delle banche dati dei contratti pubblici;

4)  L’equo compenso e tutele lavorative: rafforzamento di alcune garanzie, ma con margini di miglioramento per evitare incertezze applicative.

1. Tutela della qualità e rispetto dei contratti collettivi

Il Decreto correttivo non chiarisce pienamente l’applicazione contrattuale, ma l’adozione nel testo normativo dell’allegato I.01 e le previsioni in esso contenute contribuiscono a fare luce su alcune questioni relative a metodo, contenuti e ruolo dei soggetti nelle gare, riprendendo in parte le linee guida ANAC a cui anche la CISL, aveva da protagonista, contribuito.

La questione resta aperta e dovremo promuovere un confronto stabile con il Ministero del Lavoro che a questo punto assume un ruolo fondamentale sul tema dell’individuazione dei contratti da indicare nei bandi e con il Ministero delle Infrastrutture per le linee guida sulla dichiarazione di equivalenza.

Il correttivo non impone l’applicazione del CCNL indicato: le stazioni appaltanti devono indicare il contratto “applicabile”, ma questo non è obbligatorio. Le imprese devono però dimostrare l’equivalenza di eventuali contratti alternativi, sollevando dubbi sul ruolo che i Responsabili Unici Del Progetto devono svolgere nella verifica dei criteri previsti. La legge n. 56/2024 chiarisce meglio questo punto, stabilendo che “nel caso di appalti privati di lavori e servizi, è obbligatorio utilizzare il CCNL più rappresentativo e aderente all’oggetto del contratto”.

2. Modifiche ai criteri di aggiudicazione

Un elemento critico è l’aumento al 35% del peso attribuito al ribasso economico nell’offerta economicamente più vantaggiosa. Questo cambiamento rischia di compromettere la qualità delle opere, favorendo offerte al ribasso che potrebbero non garantire standard elevati. La CISL propone di riportare questa percentuale al limite massimo del 10-20%, più in linea con la logica originaria del Codice e di estendere l’obbligatorietà nell’utilizzo di questo criterio premiante in linea con il principio espresso all’art.1 del Codice.

3. Digitalizzazione e innovazione

Il correttivo spinge verso una maggiore digitalizzazione delle procedure, con:

L’obbligatorietà del BIM per affidamenti sopra i 2 milioni di euro.

Il potenziamento del fascicolo virtuale dell’operatore economico.

Nuove regole per l’interoperabilità delle banche dati e l’uso delle piattaforme di e-procurement.

Questi strumenti rappresentano un passo avanti significativo, ma richiedono risorse e formazione adeguate per consentire alle stazioni appaltanti di adattarsi. Lascia perplessi, però, l’innalzamento della soglia di obbligatorietà del BIM che, nel testo originale, era fissata ad 1 milione di euro.

4. Tempi delle procedure

Sono stati introdotti termini precisi per la conclusione delle gare (es. 9 mesi per le procedure aperte, 10 mesi per quelle ristrette). Questo intervento mira a ridurre i ritardi, ma potrebbe mettere sotto pressione le stazioni appaltanti, già gravate da complessità burocratiche.

Analisi delle modifiche legislative più rilevanti

1.  Art. 2 (modifica art. 11 del Codice Appalti)

La CISL ritiene problematici i commi 2-bis, 3 e 4, che introducono incertezze interpretative per gli operatori economici. Il comma 2-bis, poi, prevede che in presenza di prestazioni scorporabili o accessorie, se differenti dall’oggetto d’appalto o concessione e si riferiscano (per una soglia pari o superiore al 30%) alla medesima categoria omogenea di attività, le stazioni indichino il contratto in vigore territorialmente stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative. Questa modifica è riportata anche all’art. 119 per le prestazioni relative al subappalto. Andrà verificato l’impatto di questa norma sia dal punto di vista dell’applicazione contrattuale sia sulla documentazione di gara. È necessaria una revisione per garantire maggiore chiarezza normativa. Comprensibile l’introduzione dell’allegato I.01, a cui questo articolo fa ora rimando per l’individuazione del contratto applicabile e per le analisi delle equivalenze, per rendere fattivo il principio di questo Codice dell’auto applicabilità ma ci sono alcuni aspetti da attenzionare.

2. Art. 14 (modifica art. 41 del Codice Appalti)

– Comma 13: La regolamentazione del costo medio della manodopera è cruciale per evitare ribassi eccessivi che penalizzino lavoratori e qualità.

– Comma 15-bis: L’aumento del peso del ribasso economico nell’offerta economicamente più vantaggiosa compromette l’equilibrio tra prezzo e qualità.

3. Art. 25 (modifica art. 62 del Codice Appalti).

La revisione dei commi 6, 6-bis e 17 è necessaria per semplificare i criteri di selezione, riducendo l’incertezza applicativa.

4. Art. 26 (modifica art. 63 del Codice Appalti)

5. Art. 37 (modifiche articolo 109 del Codice Appalti) è necessario ripristinare il rating d’impresa, che possa includere i nuovi istituti della patente a punti ma anche altri criteri basati sulla qualità.

6. Art. 41 (modifica articolo 119).

 Pur apprezzando lo sforzo del legislatore di rafforzare le Pmi, l’obbligo di riservare la percentuale in misura del 20%, risulta in contrasto con il principio di libertà di impresa, il quale dovrebbe invece prevedere un’autonomia nell’organizzazione dell’appalto e di conseguenza nella scelta di eventuali imprese in subappalto. Per la Cisl, per coinvolgere le piccole e medie imprese in modo da strutturare il mercato d’offerta dell’operatore economico, si dovrebbero, invece, incentivare le aggregazioni di impresa stabili: posizione sostenuta in più occasioni dalla CISL.
Positiva, invece, l’introduzione del comma 2-bis, che prevede l’obbligo di inserimento della clausola di revisione prezzi, una garanzia aggiuntiva di proseguimento nella realizzazione dell’opera, e quella del comma 17 che chiarisce che nel caso di ulteriore subappalto si applicano comunque le previsioni relative al subappalto previste dal codice. Quest’ultimo chiarimento perfeziona la trasparenza e il monitoraggio nella catena dei subappalti. Al Comma 20, ancora, si riporta che i certificati rilasciati ai subappaltatori dalla stazione appaltante, relativi alle lavorazioni eseguite, possono essere utilizzati dai soli subappaltatori per conseguire le certificazioni. Una fondamentale specifica per verificare chi effettivamente ha svolto il lavoro e può essere certificato per l’attestazione di qualità.

Al comma 12, però, non riteniamo utile prevedere la norma che permetta alle imprese in subappalto di applicare un contratto diverso dall’azienda appaltatrice. Pur definendo che questo deve garantire le stesse tutele, è accertata la difficoltà oggettiva della reale comparazione delle tutele su contratti diversi ed estenderla anche alla catena del subappalto, divenendo causa di maggiore complessità applicativa anche per le stazioni appaltanti;

7. Art. 42 (modifica art. 120). Non si ritiene opportuno re-inserire la variante in corso d’opera che nel passato è stata solo oggetto di aumenti inimmaginabili dei costi e quindi foriera di opacità e di illegalità.

8. Art. 72 (nuovo articolo 226-bis)

Per finalità di semplificazione normativa, si dà la facoltà di modificare, tramite Regolamenti, gli allegati del codice in elenco. A ogni voce viene inserito il Ministero di riferimento e l’iniziativa. Anche l’Allegato I.01 potrà essere modificato da un regolamento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministero del Lavoro. Questo nuovo articolo è sempre riconducibile alla necessità di rendere il codice auto applicativo. In ogni caso questo implica che il monitoraggio sugli allegati da parte delle Parti Sociali deve tenere conto della loro eventuale modificabilità semplificata.

9. Art. 73 (Allegato I.01)

Articolo 1

Il D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, che modifica e integra il d.lgs. n. 36/2023 (codice degli Appalti), contiene un nuovo allegato, che per alcune parti riprende quanto già concordato con ANAC e Ministero e riportato nel Bando tipo digitale 1, che diviene quindi parte integrante della norma ai fini della individuazione del contratto collettivo nazionale o territoriale da applicare ai lavoratori impiegati nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni le stazioni appaltanti e gli enti concedenti e per quanto riguarda la dichiarazione di equivalenza delle tutele già prevista all’art.11 comma 4 del codice degli appalti, nel caso in cui gli operatori economici utilizzino un contratto differente da quello indicato nel bando di gara o concessione.

Articolo 2 (Contratto applicabile)

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti per la individuazione del CCNL devono valutare la stretta connessione del CCNL con le prestazioni oggetto dell’appalto anche in maniera prevalente e il criterio di maggiore rappresentatività comparata delle associazioni firmatarie.

In tal senso le stazioni appaltanti o gli enti concedenti dovranno utilizzare i codici ATECO per individuare l’attività da eseguire in eventuale raffronto con i codici CPV, mentre per l’ambito di applicazione del CCNL si devono utilizzare i sottosettori che il CNEL ha definito per la codifica dei Contratti depositati presso l’archivio nazionale classificati in relazione ai codici ATECO.

Questo articolo riporta importanti novità, migliorative rispetto alle circolari e alle linee guida ANAC precedenti nonché ai primi testi presentati.  Scompaiono i criteri per l’individuazione delle Organizzazioni Sindacali e Datoriali comparativamente più rappresentative, presenti nelle precedenti stesure che avevano sollevato molti dubbi e contrarietà. Si esplicita che i contratti da applicare sono quelli firmati dalle OO.SS. e dai Datoriali comparativamente più rappresentativi presi a riferimento dal Ministero del lavoro. Per la redazione delle Tabelle del costo del lavoro assume quindi, un ruolo determinante per la individuazione dei contratti da utilizzare.

Infatti in assenza delle Tabelle del costo medio di lavoro le stazioni appaltanti dovranno chiedere al Ministero del lavoro quale sia il contratto da indicare nei bandi di gara.  

Rimane l’impossibilità di imporre l’applicazione di un contratto collettivo a pena di esclusione.

Per le attività diverse da quelle prevalenti che sono oggetto dell’appalto, in presenza di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie per una soglia pari o superiore al 30%, si dovrà utilizzare il medesimo procedimento per individuazione dei CCNL.

Articolo 3 (Presunzione di equivalenza)

In questo articolo è presente una importante novità che fa riferimento, nello specifico all’edilizia. Viene stabilito che i contratti F012, F015 e F018 (Industria, piccola industria, e artigianato) si considerano di fatto equivalenti.

In generale al comma 1, comunque si esplicita che il contratto si applichi in base alla dimensione e natura giuridica di impresa (industria, PMI, cooperative, artigiani) qualora si sia in presenza di contratti sottoscritti dalle stesse organizzazioni sindacali con associazioni datoriali differenti ma nello stesso ambito settoriale, nel qual caso si intende acquisita la valutazione di equivalenza.

Articolo 4 (Indicazione di un contratto diverso)

Vengono indicate tutte le voci contrattuali per le quali espletare l’equivalenza dei contratti sia su piano economico che normativo. Perché i contratti si possano ritenere equivalenti per la parte economica, essi devono essere in valore almeno pari o superiori a quelle del contratto indicato dalla stazione appaltante, mentre per le parti normative, si possono discostare in maniera marginale.

Rimangono tutti i parametri di equivalenza retributivi e normativi previsti già in precedenza nelle Linee Guida ANAC. Vengono aggiunte, però, due importanti previsioni (14 complessive). Subito dopo la bilateralità si inserisce l’obbligo di denuncia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa Edile.

Si inserisce, inoltre, un altro riferimento fondamentale che è la disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche in riferimento alla formazione di primo ingresso e di aggiornamento periodica, erogata dagli organismi paritetici di settore.

Al comma 5 si prevede che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti entro 90 gg dovrà emanare un decreto ministeriale, che adotterà le linee guida per l’attestazione delle equivalenze e per la determinazione degli scostamenti, se ritenuti marginali, determinanti per chiarire quali siano le condizioni di “marginalità” per le voci della parte normativa data la possibile discrezionalità che lascia tale termine.

Questo comma, in particolare, ci impone di continuare il dialogo con il Ministero del Lavoro e con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per contribuire con le competenze che solo le Organizzazioni firmatarie possono avere per la redazione del Decreto.

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