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Conversione decreto “Anticipi“– part-time ciclico e lavoro agile

Il Decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili” è stato convertito in legge 15 dicembre 2023, n. 191. Si tratta del c.d. “Decreto anticipi” (così denominato in quanto ha anticipato parti della manovra finanziaria nonché previsto che alcune questioni fiscali vengano anticipate al 2023).

Nel testo trovano posto anche due norme di ambito lavoristico, che descriviamo e commentiamo di seguito.

Indennità una tantum ai lavoratori a tempo parziale ciclico (articolo 18)
L’art.18 traduce in norma quanto concordato da Cgil, Cisl Uil con Ministero del lavoro e Inps nel corso di una serie di incontri, al fine di dare attuazione all’indennità per i rapporti di part-time verticale ciclico per il 2022 e di prevedere la stessa indennità per il 2023.

Innanzitutto viene fornita una interpretazione autentica della previsione di cui all’articolo 2-bis, comma 1 del decreto Aiuti (Legge 15 luglio 2022, n. 91) con la quale si chiarisce che la norma è da intendersi riferita ai titolari di tutti i rapporti di lavoro part-time, a prescindere dalla qualificazione formale degli stessi come verticali, misti o orizzontali, purché caratterizzati da una sospensione ciclica dell’attività lavorativa, la cui durata corrisponda a quanto stabilito dalla citata norma del Decreto Aiuti. Tale norma interpretativa ha finalmente consentito il superamento delle difficoltà emerse in sede di esame automatizzato da parte dell’Inps delle domande pervenute (requisiti riferiti al 2021), in relazione ad una errata codifica dei rapporti di lavoro fornita dai datori nel modello Uniemens.

Inoltre l’articolo regolamenta l’indennità una tantum anche per l’anno 2023, stabilendo gli stessi requisiti, da riferirsi però all’anno 2022.

Ciò ha consentito all’Inps di riesaminare le domande respinte nonché di pubblicare il Messaggio n.3977 del 10-11-2023 che ha riaperto i termini per presentare la domanda, in considerazione della norma di interpretazione autentica che permette un ampliamento della platea dei beneficiari per l’anno 2022, ma anche per presentare domanda per l’anno 2023 (si veda circolare del Dip.to dell’11 novembre scorso).

Lavoro agile per i genitori di under 14 e i lavoratori fragili del settore privato (articolo 18-bis)
Viene ulteriormente prorogato dal 31 dicembre 2023 al 31 marzo 2024 nel solo settore privato il diritto al lavoro agile, anche in assenza di accordi individuali, per i genitori con figli minori di 14 anni e per i lavoratori fragili (sia individuati da certificazione medica che dalla legge). Poiché continua ad essere prorogata la stessa norma introdotta nel 2020, le condizioni per far valere il diritto sono le stesse: per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato nel nucleo familiare non deve esservi altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore non lavoratore; per entrambe le categorie il lavoro agile deve essere compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Mentre la norma è opportuna per i lavoratori fragili, anche alla luce della ripresa dei contagi covid, va osservato che il diritto al lavoro agile per i genitori di under 14 era stato introdotto per consentire la didattica a distanza, per di più in una fase in cui il lavoro agile veniva praticato in pochissime aziende, ma ora che siamo in una fase molto diversa e per di più in molte aziende sono stati siglati accordi sindacali per regolamentare l’istituto, sarebbe stata preferibile una norma che avesse tenuto conto di tali accordi, con i quali un diritto stabilito per legge rischia di entrare in contraddizione. Come già osservato in occasione delle precedenti proroghe, continuare a prolungare la validità di norme nate in un quadro molto diverso da quello attuale crea fraintendimenti. Soprattutto va sottolineato che riservare il lavoro agile (peraltro in chiave di diritto e non di scelta concordata) a determinate categorie di lavoratori rischia di snaturare questo istituto, facendolo apparire come una modalità lavorativa destinata a fasce particolarmente bisognose di tutela, e non, come invece dovrebbe essere, una diversa forma di organizzazione del lavoro che sposta la valutazione dalla presenza sul luogo di lavoro al risultato (e così facendo diventa anche una modalità per migliorare la produttività e la conciliazione vita-lavoro, per tutti i lavoratori e non solo per alcune categorie).

Infine va sottolineata l’ingiustificata asimmetria tra settore privato e settore pubblico, che si spiega soltanto con motivi di copertura finanziaria.

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