Disegno di legge delega sulla riforma fiscale

Premessa
Sulla base delle bozze di testo in nostro possesso, nonché delle slide illustrative utilizzate dl Governo durante l’incontro dello scorso 14 Marzo, al fine di mettere a disposizione la più ampia conoscenza possibile del disegno di legge in esame non sempre adeguatamente supportata dalle analisi giornalistiche o dai confronti politici in atto, proviamo a fornire una prima illustrazione da parte nostra.
Per la Cisl – come affermato in numerosi documenti, Piattaforme e Audizioni – il punto di partenza di qualsiasi riforma fiscale è quello della lotta all’evasione fiscale. Un tax gap di 90 miliardi di euro (ultimi dati ufficiali) determinato per circa il 75% dalle mancate entrate tributarie del lavoro autonomo e delle imprese sotto forma di evasione Irpef, Iva e Irap, restituisce una informazione completa di quale sia la situazione e dove siano le criticità.
Le riduzioni di imposta a lavoratori autonomi ed imprese, quindi, devono essere accordati sulla base di comportamenti virtuosi rispetto al pagamento delle imposte, dei contributi, dell’innovazione, rispetto della sicurezza, incremento e stabilizzazione del lavoro. La Cisl ritiene che se il fisco vuole essere il volano per la crescita dell’economia, è indispensabile che la riduzione della pressione fiscale sia accompagnata da una più intensa strategia di recupero dell’evasione, selettività negli aiuti alle imprese e ai lavoratori autonomi, rispetto degli equilibri di bilancio, tutela del welfare.
Per la Cisl la riforma del sistema fiscale si inserisce nel contesto più ampio del nostro sistema sociale (caratterizzato da una crisi demografica senza precedenti e da un innalzamento dell’età media) che richiede più risorse per welfare, salute e non autosufficienza; deve essere calibrata rispetto alla sostenibilità dei conti pubblici, deve essere informata al criterio di equità verticale ed orizzontale. La riforma, inoltre, non deve abbandonare il criterio costituzionale della progressività che, oltre a garantire l’equità verticale, è l’unico criterio che possa assicurare una redistribuzione solidale della ricchezza.
La riforma fiscale non si esaurisce nel tecnicismo del numero di aliquote, detrazioni, scaglioni, eliminazione di questa o quella imposta, ma deve rispondere ad un criterio di giustizia sociale complessiva ed essere accompagnata da solide valutazioni numeriche. Ferma restando l’esigenza di intervenire nel nostro sistema fiscale nella direzione della semplificazione e della trasparenza, assumendo come metodo di lavoro quello della stabilità delle norme fiscali, la riforma deve inoltre essere accompagnata da una consapevole valutazione circa le coperture: non potremmo infatti condividere un metodo che, fondando sull’auspicio di futuri introiti da crescita o maggiore lealtà dei contribuenti le proprie previsioni di innalzamento delle entrate, dovesse prevedere una immediata riduzione della spesa sociale.
Fatta questa premessa, pur con le riserve dovute al fatto che il testo in analisi sia ancora una bozza, vediamo il testo sinora conosciuto.

Articolo 1 – Tempi di attuazione
La tempistica per l’esercizio della delega attraverso i decreti delegati è indicata in 24 mesi (mentre le slide prevedono l’elaborazione dei testi unici già entro 12 mesi). Questo vuol dire che la riforma andrà in vigore non prima del 2025.
E’ ragionevole intervenire su questa materia attraverso una Legge Delega per definire i criteri generali rispetto ai quali elaborare i decreti attuativi, ma occorre al contempo garantire la piena partecipazione e condivisione al processo di costruzione della riforma attraverso continui e frequenti incontri con le parti sociali. Ciò non è avvenuto nella fase iniziale e la Cisl lo ha duramente evidenziato.
Articoli 2 e 3 – Principi generali di diritto tributario
I due articoli contengono una serie di principi apparentemente condivisibili sul diritto tributario nazionale e su quello internazionale, rispetto ai quali riteniamo però opportuno uno specifico approfondimento legislativo. Riteniamo utile la previsione del tavolo tecnico con le associazioni di categoria ma contemporaneamente chiediamo che vengano previsti già nella delega degli specifici momenti di approfondimento con le parti sociali e con il Sindacato.
Articolo 4 – Statuto dei diritti del contribuente
La norma stabilisce di rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi e detta una serie di principi relativamente all’interpello. Ci riserviamo un ulteriore approfondimento tecnico ma riteniamo che sarebbe opportuno cogliere l’occasione della delega – come affermato nella Piattaforma unitaria Cgil Cisl Uil – per elevare lo Statuto del contribuente a rango costituzionale rendendolo compiutamente esigibile per i cittadini a partire dalla irretroattività delle norme fiscali.
Articolo 5 – Revisione dell’Irpef
Viene prevista la revisione e la graduale riduzione dell’Irpef e la transizione verso l’aliquota impositiva unica.
L’evoluzione della tassazione Irpef verso l’aliquota unica è un elemento di grande criticità per la Cisl che ne ha sempre dato una valutazione negativa basandosi anche su valutazioni numeriche.
Per quanto anche i sistemi con aliquota unica possano essere resi progressivi, attraverso un’apposita deduzione alla base dall’imponibile, una progressività adeguatamente calibrata in particolare per le classi medie può essere assicurata solo da un attento mix di aliquote, scaglioni, detrazioni/deduzioni.
Altro profilo di criticità viene rilevato nel costo: a meno di non prevedere un’unica aliquota elevata, i sistemi flat sono costosi per l’erario e pertanto già la delega dovrebbe contenere l’esplicito riferimento alla sostenibilità economica della riforma che sarà poi attuata nei decreti legislativi.
Lo step intermedio (presente solo nelle slide) è individuato nel passaggio a 3 aliquote; sottolineiamo che questo passaggio potrebbe essere realizzato accorpando alla più bassa le prime due aliquote (23% e 25%) e, fermo restando il principio che non dovrebbe determinarsi alcun aggravio di imposta su quei redditi, sarebbe probabilmente in linea con la riforma avviata lo scorso anno dal governo Draghi, e compatibile con una rimodulazione dell’imposta che, oltre a semplificare il sistema, garantisca un’equa e adeguata progressività. Naturalmente la verifica di questi effetti potrà essere valutata quando saranno più precisi gli intendimenti del Governo che ci consentiranno di verificare, numeri alla mano, il profilo di progressività dell’imposta così ridisegnato, i vantaggi fiscali e il relativo costo. Se invece il passaggio a tre aliquote avvenisse attraverso l’abolizione della quarta aliquota, ovvero, come si sente dire, attraverso l’accorpamento della seconda e della terza aliquota ad una intermedia, questo rappresenterebbe un elemento di novità, soprattutto o esclusivamente a vantaggio dei ceti più benestanti. In ogni caso resterebbe da capire dove trovare la copertura di provvedimenti in sé assai costosi. Al momento non abbiamo nessuna indicazione relativamente ai costi ed alle eventuali coperture. Valutiamo questo un limite della delega stessa così come appare surreale che, al di là di aver indicato un’intenzione di ridimensionamento numerico di aliquote e scaglioni, non vi sia stata nessuna indicazione, neppure sommaria, su quale sia la fascia di reddito su cui si vorrebbe agire con il taglio delle aliquote.
Uno dei principi introdotti nella delega è quello della equiparazione delle aree esenti con priorità per quella di lavoratori e pensionati.
Il principio è condivisibile per lavoratori dipendenti e pensionati purché preveda un allineamento verso l’alto delle medesime. Va però ricordato che il lavoro dipendente, per effetto del “Bonus Renzi 80 euro”, poi integrato a 1200 euro annuali dal secondo Governo Conte, è sostanzialmente esente da imposte fino a 14.750 euro. Allineare la no tax area dei dipendenti a quella dei pensionati, quindi, non comporterebbe alcun miglioramento reale per i primi in caso di mantenimento del Bonus, mentre potrebbe essere assolutamente deleterio nel caso in cui l’allineamento coincidesse con l’eliminazione del Bonus stesso.
Riteniamo inoltre importante che nella delega sia esplicitato il richiamo non solo al perseguimento dell’equità orizzontale, ma anche dell’equità verticale.
Nello stesso articolo vengono anche definiti i criteri della flat tax incrementale per l’irpef.
La delega ripropone quanto già stabilito nella legge di bilancio 2023 (sperimentalmente) con il pagamento forfettario dell’irpef incrementale estendendola anche al lavoro dipendente.
Benché tale norma sia indirizzata al superamento dell’attuale diverso trattamento tra redditi da lavoro dipendente ed autonomo, osserviamo che muove nel senso opposto a quello da noi richiesto circa il ritorno ad un regime di tassazione ordinario anche per le partite IVA. Il provvedimento, peraltro, rischia di rimanere solo teorico, considerato che gli incrementi stipendiali annuali dei dipendenti, per la stessa struttura della dinamica contrattuale e salariale, raramente sono particolarmente significativi. La norma quindi, sembra più indirizzata a legittimare il diverso trattamento delle partite IVA, da tempo introdotto e rispetto al quale il Governo non sembra voler recedere, che a riconoscere realmente un qualche vantaggio fiscale ai dipendenti. E’ peraltro, a nostro avviso, particolarmente complessa da applicare anche dal punto di vista amministrativo e favorendo solo i beneficiari di crescita salariale, è senza dubbio regressiva e iniqua, giacché la mancata crescita salariale dei dipendenti non è certo legata a fattori di cui essi siano i primi diretti responsabili.
Come affermato dalla Cisl sia nell’Audizione sulla revisione del nostro sistema fiscale (febbraio 2021) che nella piattaforma unitaria Cgil Cisl Uil, sarebbe opportuno ampliare la base imponibile da assoggettare a tassazione Irpef limitando o eliminando tutte le forme di cedolarizzazione o imposizioni forfettarie che hanno l’effetto di rendere sempre di più l’Irpef una imposta pagata solo da lavoratori e pensionati. La delega non sembra voler procedere in tal senso, bensì nella direzione opposta, come fa con l’estensione della cedolare secca ad immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.
L’applicazione della cedolare secca per le rendite sui fabbricati ad uso abitativo fu motivata dal tentativo d’incentivare l’emersione di basi imponibili nascoste e, in parte, come ad esempio nei canoni concordati, di agevolare la tassazione sulle locazioni nell’ambito di un accordo con ricadute positive anche per gli affittuari. Sebbene alcuni studi (tra cui quello della Banca d’Italia) abbiano in realtà messo in dubbio la reale efficacia di questo tipo di tassazione per quanto riguarda l’emersione, evidenziandone invece il costo, è indubbio che le motivazioni di cui sopra s’indeboliscano sostanzialmente nel caso degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo. Dunque non riteniamo che tale estensione debba essere perseguita, giacché determinerebbe esclusivamente una riduzione di progressività e di gettito.
Per quel che riguarda la revisione di detrazioni/deduzioni valutiamo condivisibile la tutela di alcune categorie di detrazioni (istruzione, salute, casa, efficienza energetica) ma riteniamo che considerata la dinamica demografica andrebbe inserita anche la voce relativa all’assistenza di non autosufficienti e anziani.
Riteniamo, inoltre, che la revisione delle detrazioni/deduzioni dovrebbe essere realizzata in un’ottica soprattutto di semplificazione ed efficienza del sistema fiscale, non riponendo su questi interventi aspettative di recupero di risorse capaci di finanziare la riforma del fisco. Benché, infatti, esistano margini di risparmio, come valutato da alcuni istituti di ricerca, la salvaguardia delle detrazioni/deduzioni più importanti non consentirebbe a nostro avviso recuperi davvero significativi. Il fatto che il Governo individui, invece, in queste voci una importante potenziale forma di copertura ci preoccupa non poco.
Articolo 6 – Revisione imposizione sui redditi di società ed enti
Condividiamo la necessità di rimodulare la tassazione sulle imprese tenendo conto della global minimum tax di prossima applicazione, nonché il principio di favorire la capitalizzazione delle imprese in Italia e di premiare coloro che investono in nuova occupazione o in beni strumentali innovativi e qualificati. Ribadiamo tuttavia la necessità di perseguire un processo di armonizzazione di questa categoria di imposte almeno con i nostri partner europei, per evitare azioni concorrenziali al ribasso.
Articolo 7- Revisione dell’IVA
La razionalizzazione delle aliquote IVA nonché l’accelerazione dei processi di rimborso risultano auspicabili purché finalizzati innanzi tutto ad un recupero del sommerso e ad ostacolare processi di elusione dell’imposta, mantenendo peraltro le dovute agevolazioni per i beni di prima necessità. In tal senso ci pare che gli interventi sulle imposte indirette debbano essere coordinati con un rafforzamento della lotta all’evasione, attraverso il tracciamento dei pagamenti, l’ampliamento di applicazione della fattura elettronica e una rinnovata spinta all’utilizzo della moneta elettronica. Anche su questo tema le posizioni governative non ci pare coincidano con le nostre aspettative.
Articolo 8 – Superamento dell’Irap
Le imprese contribuiscono al gettito Irap per circa 17 miliardi di euro; l’eliminazione dell’Irap – per quanto graduale – deve trovare contemporaneamente validi sostituti di gettito che la delega individua nell’addizionale Ires. Contemporaneamente viene stabilito che non debba esserci un aggravio per dipendenti e pensionati.
Va ricordato che l’Irap nasce molti anni fa dall’accorpamento di altri oneri fiscali, tra cui i contributi sanitari. Non casualmente, quindi, al gettito proveniente da questa imposta è stato correlato il finanziamento della spesa sanitaria regionale.
La base imponibile dell’Irap ha la caratteristica di essere particolarmente stabile e, per questo, particolarmente idonea a finanziare costi rigidi come quelli della sanità. Non altrettanto si può dire della base imponibile Ires, legata agli andamenti economici. Immaginare una compensazione tra l’abolizione dell’Irap e l’introduzione di un’addizionale Ires ci pare quindi un po’ azzardato.
Ciò che certamente ci vedrebbe radicalmente contrari sarebbe la scelta di cancellare una tassa esponendo la spesa sanitaria ad un rischio di minor copertura.
Su questo punto esprimiamo quindi delle forti perplessità. Se è vero che questa è una delega che ha il compito di definire la cornice, è necessario ragionare sulle quantità già da ora per non inserire in delega elementi di difficile o impossibile attuazione.
Articolo 10 – Imposte di registro, successione e bolli
La semplificazione e la razionalizzazione di queste imposte sono benvenute purché non determino significative riduzioni di gettito.
Articolo 12 – Accisa ed imposte sulla produzione e sui consumi
Vediamo con favore la prevista revisione del sistema delle accise e delle imposte che tenga conto dell’impatto ambientale dei sistemi di produzione dell’energia elettrica, del gas metano e del gas naturale, con riferimento anche alle disposizioni previste dalla UE, nonché la semplificazione degli adempimenti amministrativi per i beni alcolici sottoposti ad accisa.
Articolo 13 – Tributi regionali
La delega fa riferimento ai decreti attuativi del federalismo fiscale che a 12 anni di distanza non sono stati ancora pienamente attuati; compartecipazione Irpef e Iva non sono tributi propri capaci di realizzare una struttura di federalismo fiscale (soprattutto nella prospettiva di assegnazione di ulteriori funzioni alle regioni).
Stimoliamo quindi il Governo ad inserire nella delega una cornice di riferimento di tributi propri regionali capaci di finanziare tutte le spese attribuite alle Regioni, a partire dalla sanità.
Articolo 14 – Tributi locali
Nell’articolo che delinea la revisione dei tributi locali viene stabilito il principio del mantenimento della progressività, consolidamento dell’autonomia finanziaria, piena attuazione del meccanismo di perequazione territoriale previsto dal federalismo (e mai attuato). Tutti criteri condivisibili e che devono contemporaneamente rispettare l’impegno a non incrementare la tassazione a carico di lavoratori e pensionati evitando così che la eventuale riduzione di imposizione a livello centrale si traduca in un uguale o maggiore incremento della imposizione locale (o nel taglio dei servizi) come già avvenuto in passato. Condivisibile, invece, l’ipotesi di destinare l’intero gettito Imu ai Comuni, come già la Cisl ha sostenuto in Audizione proprio su una proposta di legge specifica sull’argomento.
Articolo 16 – Procedimenti dell’amministrazione finanziaria e adempimenti dei contribuenti
Nell’insieme dei numerosi criteri che vengono elencati riteniamo condivisibili tutti quelli che favoriscono l’adempimento dei contribuenti e la semplificazione purché non venga contemporaneamente indebolita la fedeltà fiscale. Se, per esempio, può essere ragionevole escludere la decadenza dai benefici fiscali per errori formali o di minore gravità, è indispensabile che la minore gravità sia definita in modo rigoroso.
Articolo 17 – Procedimenti accertativi
Una maggiore attenzione all’incentivazione della compliance fiscale è da valutare generalmente con favore, purché non si traduca in particolari favori nei confronti di coloro che non hanno abitualmente rapporti corretti con il fisco. L’introduzione di un cosiddetto concordato preventivo biennale, se non adeguatamente presidiate le aree di maggior evasione ed elusione, potrebbe trasformarsi in una sorta di condono ricorrente e preventivo, ancora una volta a favore di chi fa resistenza a pagare le tasse.
Articolo 18-19-20 Riscossione, Contenzioso, Sanzioni
Si introducono norme per la semplificazione delle procedure. Nel principio nulla di inopportuno ma la materia è delicata e se ne dovrà vedere lo sviluppo nei decreti.
Articolo 21 – Codificazione
L’idea di arrivare ad un testo unico è condivisibile e auspicabile, si tratta peraltro di una richiesta avanzata dalla Cisl in più occasioni.
Articolo 22 – Disposizioni finanziarie
Nella norma viene esplicitamente affermato che non devono derivare dalla delega oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, né deve derivare un incremento di pressione tributaria. In base a questo principio, a meno di non lasciare tutto come è, la conseguenza non può che essere che la riforma si attui attraverso lo spostamento di imposte da gruppi di contribuenti ad altri. Ammesso che ciò sia praticabile, riteniamo che qualsiasi impostazione si scelga non possa prescindere dalla necessità di alleggerire il carico fiscale su coloro che, da sempre, lo sostengono con puntualità e lealtà per la quasi interezza: i lavoratori dipendenti ed i pensionati.
In conclusione la nostra prima analisi evidenzia molte incoerenze tra gli obiettivi dichiarati, la natura dei provvedimenti indicati e la sostenibilità finanziaria degli stessi. A ciò si aggiunge una preoccupazione sul metodo sin qui seguito che speriamo non debba proseguire anche nell’iter previsto per l’emanazione dei decreti delegati.
Su alcune questioni di principio, come la difesa della progressività delle imposte sul reddito, la nostra contrarietà all’impostazione della legge delega è ferma e risoluta, su altri temi, quali la semplificazione delle procedure di accertamento, non abbiamo pregiudizi ma riteniamo che ci sia un forte bisogno di approcciare con cautela e attenzione la materia.
Presidieremo e verificheremo sin dai prossimi giorni le possibili evoluzioni del percorso parlamentare.

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