E’ la richiesta dei pensionati Cisl della Sardegna per evitare alle donne i contraccolpi psicologici dell’alopecia, generatori di stress e di grave compromissione della qualità della vita
“Ieri si è appreso che presso l’Unità Operativa di Oncologia-Ematologia dell’ospedale San Martino di Oristano per la prima volta le pazienti sarde potranno usufruire del casco refrigerante, l’apparecchio che – indossato prima, durante e anche dopo la seduta di chemioterapia – riduce la percentuale di probabilità di perdere i capelli. La Sardegna arriva con un ritardo di alcuni anni rispetto ad almeno un centinaio di ospedali che dal 2017 a oggi in Italia si sono dotati di un dispositivo con sistema di raffreddamento”. Dichiara Alberto Farina, Segretario generale FNP Sardegna in una nota che così prosegue:
Risultato immediato di questa carenza sanitaria è il pendolarismo – verso ospedali di altre regioni – cui sono costrette diverse donne sarde per effettuare una chemioterapia “protetta” dal casco. Per altro questo dispositivo sanitario, reperibile sul mercato e concesso in affitto a prezzi proibitivi, conferma i due volti della sanità: per ricchi e per poveri.
Servizio sanitario nazionale non paga
Nella lotta al cancro e ai suoi effetti psicologici sulle persone è grave fermare tutto perché questi dispositivi sanitari non sono forniti dal servizio sanitario nazionale che, per una scelta non condivisa dalle OO.SS, è tutto a carico dei Sardi. Che sono sicuramente favorevoli all’acquisto autonomo, quindi ad opera di ciascuna Asl, dei caschi e mettere così al riparo da stress e paure circa 1500 donne che ogni anno devono fare i conti con un tumore al seno, causa principale di morte, negli anni 2012-2017 , per oltre 2000 ammalate nell’isola.
Percentuale di successo
Un ritardo ingiustificabile. Studi indipendenti fatti da ospedali pubblici e centri di ricerca hanno quantificato nel 68% i casi di successo tra le donne che hanno usato il dispositivo per prevenire l’alopecia. Una percentuale più che sufficiente per adottare il casco refrigerante e quindi la tecnica dell’ipotermia , cioè della bassa temperatura che restringe i vasi sanguigni, blocca i processi biochimici e rende i capelli meno sensibili alla chemioterapia.
Un ritardo inspiegabile. Sicuramente anche in Sardegna, infatti, si conoscevano gli studi sull’efficacia dell’ipotermia nel ridurre la perdita dei capelli causata dalla chemioterapia. Perché la Regione sarda non ha provveduto all’acquisto dei caschetti refrigerati a gestione manuale e automatizzati? La perdita dei capelli conseguente al trattamento chemioterapico nelle donne con tumore al seno è esperienza devastante, difficile da gestire, perché, per qualche mese, altera gravemente l’immagine e la femminilità della donna con gravi effetti psicologici che, a volte, inducono le pazienti con tumore al seno a ritardare le terapie.
Costi Secondo quanto risulta alla FNP Sardegna, con uno stanziamento di 500.000 euro la Regione potrebbe dotare di un caschetto refrigerato automatizzato – formato da un’unità refrigerante computerizzata che fa circolare un liquido refrigerato( fino a 3-4 gradi centigradi) all’interno di
apposite cuffie di diversa forma e dimensione per adattarsi al cranio dei pazienti – le oncologie ospedaliere e far rientrare l’apparecchiatura nel percorso assistenziale della patologia tumorale.
La richiesta-appello al Presidente Solinas
La Fnp e il Coordinamento donne pensionate Cisl Sardegna chiedono alla Giunta – soprattutto al Presidente Christian Solinas e all’assessore della Sanità Carlo Doria – di accogliere la richiesta d’aiuto che, attraverso il sindacato, arriva dalle donne sarde che sperano di uscire al più presto dal tunnel del tumore alla mammella. Analoga richiesta verrà fatta ai capi gruppo di maggioranza e opposizione in Consiglio regionale.